uno dei due è l'altro

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domenica 14 gennaio 2018

3834 Zappafrank. L'asteroide Zappa e le scarpe marroni*






È probabilmente la persona meno dotata di talento che abbia mai sentito. È un accademico pretenzioso e non sa suonare il rock’n’roll, perché è un perdente. E perciò si veste in modo buffo. Non è contento di se stesso, e penso che abbia ragione”.
Lou Reed




CONCENTRATION MOON 

 

 

 

 


"Allo stesso tempo
Ho un lavoro con i Velvet Underground
Che è un gruppo di merda
Proprio come quello di Frank Zappa"
(Concentration Moon)

[...]
I contrasti tra Frank Zappa e Lou Reed risalgono al maggio del 1966, quando il carrozzone dell’Exploding Plastic Inevitable di Andy Warhol passa per Los Angeles e i Velvet Underground si esibiscono per tre sere di fila al Trip, assieme alle Mothers. La cupa tetraggine dei Velvet cozza violentemente con i gusti dei freak locali, che non mancano di manifestare il loro disappunto a suon di fischi. 

Zappa ci mette del suo, ironizzando su Reed e soci nel bel mezzo della sua gig: “Questi tizi fanno proprio schifo!”. Il caso vuole che il locale sia stato chiuso dalle autorità dopo sole tre serate, evitando un probabile scontro fisico.
In realtà, la ruggine potrebbe risalire a cause ben più prosaiche: i due condividevano a quei tempi lo stesso produttore esecutivo, e a quanto pare Zappa riuscì a convincere Tom Wilson a far uscire FREAK OUT! prima dell’esordio di Reed e soci, che avrebbero voluto invece essere i primi a pubblicare un disco “strano”.
Ironia della sorte o meno, fu proprio Lou Reed a pronunciare, nel gennaio del 1995, il discorso di insediamento postumo di Zappa nella Rock’n’Roll Hall of Fame, lodando l’integrità e l’impegno politico del musicista di Baltimora.



BROWN SHOES DON’T MAKE IT




Una mattina del 1966, il presidente americano Lyndon Johnson si presentò a una cerimonia ufficiale in un completo grigio abbinato a pesanti scarpe marroni. I suoi collaboratori ebbero immediatamente la sensazione che la giornata avrebbe preso una piega imprevista. “Light-Bulb Lyndon”, come veniva soprannominato per il suo odio verso lo spreco di energia elettrica che lo portava spesso a girare per la Casa Bianca in cerca di luci da spegnere, era infatti famoso anche per la meticolosità che infondeva nella cura della sua immagine ufficiale. Qualsiasi variazione, anche minima, negli accostamenti era la spia di un probabile cambio di umore o di programma.

La diversione, quel giorno, fu un volo segreto in Vietnam per un incontro con il comando militare delle operazioni. Durante il viaggio, il suo abito grigio venne sostituito da un più comodo spigato da campagna, perfettamente adatto a un comandante in capo che passa in rivista le truppe in territorio nemico. Al momento di scendere dall’aereo presidenziale, Johnson vestiva in un perfetto completo marrone...

Brown shoes
Don’t make it
Quit school
Why fake it?
[...]
Be a loyal plastic robot for a world that doesn’t care...
Smile at every ugly
Shine on your shoes & cut your hair

Le scarpe marroni
Non ci azzeccano
Lascia la scuola
Perché fingere?
[...]
Sii un leale robot di plastica, al servizio di un mondo che non si cura...
Sorridi a qualsiasi mostruosità
Lucida le tue scarpe e tagliati i capelli


Che l’abbigliamento coordinato sia un chiaro segno di conformismo, Zappa l’aveva già scritto in una delle prime versioni di Plastic People, che sarebbe uscita solo sul MYSTERY DISC pubblicato come bonus all’interno del primo OLD MASTERS BOX (1985).

This town is full
Of plastic creeps
Their shoes are brown
To match their suits
They got no balls
They got no roots


Questa città è piena
Di leccapiedi di plastica
Hanno le scarpe marroni
Abbinate al vestito
Sono senza palle
Sono senza radici





Ma qua ovviamente c’è molta più carne sul barbecue...
Il Nostro si prende estremamente sul serio – atteggiamento che si intreccerà costantemente, in modo all’apparenza contraddittorio, con la volontà di frustrare qualsiasi tentativo “non autorizzato” di valorizzare i suoi testi – e si preoccupa di spiegare in prima persona e puntualmente il senso del brano all’interno del libretto che accompagna ABSOLUTELY FREE:

Brown Shoes Don’t Make It parla delle persone che guidano i governi e scrivono le leggi che ci impediscono di vivere il tipo di vita che sappiamo di dover condurre. Queste persone sfortunate confezionano leggi e ordinanze inique, forse ignare del fatto che le restrizioni che pongono ai giovani di una società sono il risultato delle loro frustrazioni sessuali nascoste. I vecchi sporcaccioni non hanno il diritto di guidare il tuo paese.

Il pezzo è di fatto una mini-operetta che in otto minuti, nel testo e nei riferimenti musicali, lancia schizzi di acido sulla cultura americana dei mid-sixties:


TV dinner by the pool
Watch your brother grow a beard
Got another year of school
You’re okay – he’s too weird


Cena in piscina davanti alla tv
Guarda tuo fratello che si fa crescere la barba
Hai un altro anno di scuola
Sei a posto – lui è così strano


Il tono beffardo, come e più che nei precedenti brani del disco, irride in particolare i miti e lo stile di vita dell’America suburbana, trasmessi alle nuove generazioni da affaristi e politicanti, raffigurati come personaggi di per sé loschi e laidi. I bersagli preferiti di Zappa si precisano nella tv come strumento di omogeneizzazione, nell’ingordigia e nel conformismo dilaganti, che vengono deformati e dissacrati con un linguaggio apertamente “forte” e provocatorio: per Zappa, il percorso verso il potere è caratterizzato necessariamente dal controllo e dalla perdita di autenticità. “Un mondo di appetiti segreti corrompe gli uomini che definiscono le leggi. Ogni desiderio è nascosto in un cassetto...”. L’ambizione del potente – ottuso, grigio, “di plastica” – trasforma i suoi desideri in perversioni e lo spinge a bramare avventure con ragazzine viziose, mentre “la moglie visita una mostra di orchidee”.

She’s a teen-age baby and she turns me on
I’d like to make her do a nasty on the White House lawn
Gonna smother that girl in chocolate syrup
And boogie till the cows come home


È una bambina adolescente e mi eccita
Vorrei farle fare un po’ di porcherie sul prato della Casa Bianca
Voglio coprirla tutta di cioccolata
E darci dentro fino all’alba


Perversioni e scandalo sessuale sono due delle componenti più ricorrenti nella trama zappiana, utilizzate sistematicamente per rappresentare in forma di parodia abitudini e fantasie del potere (non necessariamente maschile), un topos che d’altronde è assai spesso presente nella narrazione del rock.

La voce “scura” di Jack Bruce racconterà a suo modo il cinismo dei Politicians solo un anno più tardi:

Hey, hey now baby, get into my big black car
I wanna just show you what my politics are


Ehi, ragazza, sali sulla mia grande macchina nera
Voglio solo illustrarti le mie politiche...





Il registro satirico non si limita alla parte testuale. Nei quasi otto minuti di questo breve trattato socio-psico-politico (considerato dai curatori della Rock and Roll Hall of Fame and Museum una delle cinquecento canzoni più popolari e influenti della storia del rock) Zappa infila decine di temi, suonati in sequenza come in un medley, con cesure brutali tra l’uno e l’altro ma senza mai perdere di vista la struttura complessiva. Una tecnica, quella del collage sonoro, affinata fin dai primordi dello Studio Z e che qui si mostra in uno degli esempi più sofisticati del periodo Mothers: un’allusione al refrain di Little Deuce Coupe (una tipica car song dei Beach Boys che, tra auto e surf, contribuivano a divinizzare lo stile di vita dei teenager californiani nei primi anni Sessanta) precede di poche battute un’espressione presa di peso dai classici del blues (“till the cows come home” è un’immagine usata, tra gli altri, dal chitarrista blues Tampa Red, nel suo classico Don’t You Lie To Me), fino alla citazione quasi testuale (qualcuno lo ritiene addirittura un furto, per non averne dichiarato la presenza nei credits...) di un frammento dai Pianeti di Holst, compositore contemporaneo frequentemente saccheggiato dal rock di quel decennio (basti pensare ai primi King Crimson).

Niente è messo a caso, tutto è contestuale all’obiettivo di definire un discorso critico globale, per il momento mescolando abilmente riferimenti testuali e musicali, ma già sono all’orizzonte le prime sperimentazioni con il medium visivo...

In Brown Shoes Don’t Make It la maggior parte delle persone sente solo le parole. Non si rendono conto che, in mezzo al pezzo, è inserito sullo sfondo un quartetto d’archi dodecafonico assolutamente rigoroso e accademico (due violini, una viola, un violoncello). L’altra cosa simpatica, riguardo questa canzone, è che suonando God Bless America, Star-Spangled Banner, e un paio d’altri pezzi patriottici, sovrapposti sul finale, stavo eseguendo uno scherzo musicale su Ives.
(«Keyboard Magazine», febbraio 1987)

La scelta non è ovviamente casuale: la tendenza alla sperimentazione e alla dissonanza, che gli hanno precluso grande plauso in vita, hanno infatti consentito a Charles Edward Ives una discreta fama post-mortem, al punto da spingere l’Unione Astronomica Internazionale a intitolargli, non senza un tocco di ironia, un cratere sulla superficie di Mercurio. Un destino condiviso, visto che allo stesso Zappa, a seguito di una petizione internazionale che ha visto coinvolti fan di ventidue nazioni differenti, è stato intitolato il 22 luglio del 1994 un oscuro (circa 4.000 volte meno luminoso del più debole oggetto luminoso visibile a occhio nudo) quanto minuscolo asteroide: un bel sasso astrale di una decina di chilometri di diametro, orbitante a oltre trecento milioni di chilometri dal Sole.

L’evento è stato poi “celebrato” ufficialmente a livello discografico inserendo in una fittizia mappa astrale, contenuta nel booklet della versione in Cd di ONE SIZE FITS ALL (RykoDisc, 1995), l’immagine dell’asteroide 3834 Zappafrank.





WHO NEEDS THE PEACE CORPS? 

 




Negli anni della Guerra Fredda, USA e Unione Sovietica si sentivano in competizione su molti fronti, non esclusivamente militari.

John Kennedy faceva notare ai suoi colleghi senatori come i russi avessero “migliaia di uomini e donne, scienziati, insegnanti, ingegneri, medici e infermiere addestrati a trascorrere la loro vita all’estero, al servizio del comunismo mondiale”. Gli americani non erano dotati di un’organizzazione equivalente, finalizzata a spingere singoli cittadini a lavorare all’estero e dedicarsi al progresso e alla pace dei Paesi e delle culture in via di sviluppo.

Kennedy si insedia alla Casa Bianca il 20 gennaio del 1961, e già il 1 marzo firma un decreto che istituisce i Peace Corps, un Corpo di Pace concepito per favorire “la comprensione reciproca tra gli americani e le altre culture del mondo” e coinvolgere i suoi cittadini più attivamente nella causa della democrazia globale, della pace, dello sviluppo e della libertà. Il primo direttore della neonata agenzia federale sarà Robert Sargent Shriver, casualmente suo cognato.

Ma la domanda che Zappa pone ai suoi ascoltatori nel titolo di questo brano è fuorviante e densa di ironia. Il suo bersaglio non sono infatti gli zelanti portatori di pace filogovernativi (“Cosa stai facendo nel mondo?” era lo slogan della loro campagna di reclutamento), ma l’altra armata della Pace, quella degli hippie che affollano San Francisco, centro del movimento.

Every town must have a place where phony hippies meet
Psychedelic dungeons popping up on every street
GO TO SAN FRANCISCO!

Ogni città deve avere un luogo dove si incontrano i falsi hippie
Segrete psichedeliche spuntano in ogni strada
VAI A SAN FRANCISCO!




Siamo alle soglie della Summer Of Love, la lunga estate calda del 1967 (resa ancora più torrida dagli scontri razziali di Detroit e Newark) in cui la controcultura hippie pare giungere al culmine: la manifestazione più clamorosa è l’adunata nel quartiere di Haight Ashbury di oltre centomila persone.

Già a gennaio si è registrato il primo Human Be-In: un “raduno delle tribù”, come lo definì allora il «San Francisco Oracle», che portò circa 30.000 individui nel Golden Gate Park, con l’obiettivo comune di protestare contro la legge californiana che proibiva l’uso dell’LSD, promulgata solo tre mesi prima. All’evento parteciparono, tra gli altri, Timothy Leary, psicologo e scrittore, fiero sostenitore della prima ora degli effetti benefici delle droghe psichedeliche; il poeta Allen Ginsberg; Jerry Rubin, già leader di alcune marce di protesta contro la Guerra in Vietnam e fondatore del Partito Internazionale dei Giovani (Yippies). Non mancava naturalmente un’adeguata base musicale, fornita dai più quotati gruppi di “musica lisergica”: Grateful Dead, Jefferson Airplane e Quicksilver Messenger Service.

Think I’ll just drop out
I’ll go to Frisco
Buy a wig & sleep
On Owsley’s floor

Penso che mollerò tutto
Andrò a Frisco
Comprerò una parrucca e dormirò
Sul pavimento di Owsley

Augustus Owsley Stanley III, discendente di un’influente famiglia del Kentucky, è passato alla storia per aver elaborato il miglior LSD degli States. Arrivò a produrre circa 5 milioni di dosi, spesso distribuite gratuitamente, prima che la polizia irrompesse nel suo laboratorio, nell’autunno del 1967, alla ricerca di uno stupefacente nel frattempo diventato illegale. Owsley si difese sostenendo che le dosi in suo possesso (circa 350.000!) erano per uso personale, ma fu dichiarato colpevole...

L’enorme diffusione degli stupefacenti all’interno del movimento è uno dei tanti motivi per cui, mentre la controcultura diventa fenomeno di massa, Zappa se ne allontana clamorosamente, riversandole addosso un intero album di acida (!) ironia. La cultura della droga è quanto di più lontano dalla sua mente: la sua musica è una costruzione lucida, precisa, ha ben poco a che vedere con l’improvvisazione geniale ma pressoché istintiva dei tanti alfieri della psichedelia californiana.





Ai suoi occhi – e nella sua concezione della musica di avanguardia – richiede un ascolto attento epartecipato che non può essere appannaggio dei cultori dello sballo.

Ma quello che più suscita il suo astio nei confronti degli hippie è la sensazione di un’irrimediabile perdita di autenticità, in favore di un simbolismo astratto, di un “look” (le perline, le fasce per raccogliere i capelli, ovviamente lunghi), facilmente trasformabile in mero gadget commerciale; la percezione dell’assenza di un progetto, del desiderio di cambiare la società, in favore di un suo semplicistico rifiuto, la “non belligeranza” che porterà fatalmente alla dissoluzione di un movimento fornito di grandi ideali ma di scarso spessore politico.

La massima aspirazione dell’hippie, sembra affermare Zappa, è diventare manager di una rock band per sentirsi parte, almeno come gregario, del movimento. Dopotutto, We’re only in it for the money...





*da: FRANK ZAPPA FOR PRESIDENT!
(Testi e Storie - 1964-1993)
Extended Edition
di Michele Pizzi