Ritorni
di un poeta assassinato
(Federico
Garcia Lorca)
Sei
tornato a me più vecchio e triste nell’addormentata
luce
di un sogno tranquillo di marzo, polverose
d’un
grigio inaspettato le tempie, e quel bronzo
d’ulivo
che la tua magica virtù sosteneva,
solcato
dal segno degli anni, come
se
quella vita che in vita non hai avuto
l’avessi
a poco a poco già vissuta nella morte.
Io
non so cos’hai voluto dirmi stanotte
con
la tua visita improvvisa, l’abito leggero
di
alpacca luminosa, come appena tagliato,
la
cravatta gialla e lo stanco cappello
al
vento, lo stesso di allora
per
quei giardini di pioppi studenteschi
e
di caldi oleandri.
Forse
hai pensato – voglio spiegarmi ora
già
ormai nei chiari contorni del sogno - che dovevi
venire
prima da me da queste sotterranee
radici
o nascoste sorgenti dove
disperatamente
penano le tue ossa.
Dimmi
confessami, confessami,
se
nell’abbraccio muto che mi hai dato, nel tenero
gesto
di porgermi una sedia, nella semplice
maniera
di sederti vicino a me, di guardarmi,
di
sorridere in silenzio, senza parlare,
dimmi
se non hai voluto dirmi con questo
che,
nonostante le piccolissime battaglie che facemmo,
sei
sempre unito a me più che mai nella morte
per
quelle volte che forse
non
lo siamo stati - ahi, perdonami! - nella vita.
Se
non è così, ritorna nuovamente nel sogno
di
un’altra notte per dirmelo.
***
Da
Ritorni del Vivo Lontano traduzione a cura di Sebastiano Grasso
Ugo
Guanda Editore, 1976