uno dei due è l'altro

uno dei due è l'altro

venerdì 24 aprile 2020

All'Ombra della Pandemia in Fiore: QUELLO CHE È STRANO, VIA - Samuel Beckett






...inimmaginabile adesso, immagina più tardi, immaginazione morta immagina quello che è strano, via. 

Jolly e Draeger andati, mai stati. Finora quindi cubo vuoto tre piedi da ogni parte, nessuna entrata ancora immaginata, nessuna uscita. Nero freddo durata indefinita poi la luce si accende lenta al pieno splendore, diciamo dieci secondi ancora e ardente luce abbagliante tempo indefinito tutto bianco avorio tutti i sei piani niente ombra, poi giù per grigi che si addensano d'ombra e perso, così via. 

Pareti e soffitto gesso che si sgretola o simili, pavimento come sporco imbiancato, aha, qualcosa là, lascia perdere, per il momento. 
Chiama a, b, c e d gli angoli destrorsi del pavimento, e dentro qui Emma distesa sul fianco sinistro, culo ginocchia lungo diagonale db con culo verso d e ginocchia verso b attraverso nessuno dei due all'altro perché breve troppo breve, spazio restante qui per qualche ragione ancora da immaginare. 
 
Sul lato sinistro allora culo ginocchia db e di conseguenza culo calotta lungo parete da sebbene non allo stesso livello perché culo fuori con testa sulla guancia sinistra in a e il segmento restante ginocchia piedi lungo bc non allo stesso livello perché ginocchia fuori quando piedi in c





Nel buio e nella luce. Lenta dissolvenza di carne avorio quando riflusso dieci secondi e perso. Lunghi capelli neri quando luce diffusa sulla faccia e sul pavimento adiacente. Scopri l'occhio destro e lo zigomo vivido bianco per le lunghe ciglia nere quando è luce. 

Diciamo ancora anche se nessuna immagine reale capezzolo raggrinzito del seno sinistro, lascia il destro per mero nome. Mano sinistra aggrappata alla rotondità della spalla destra, destra più morbida pugno allentato a terra finché le dita si tendono
come per premere, immagina più tardi, poi allentate di nuovo e ancora un tempo indefinito, così via. 

Mormorando, non c'è suono, anche se ecco le labbra si muovono con lieve ondeggiamento dei capelli, forse perché nessuno ha proferito o l'aria troppo rara, la Fantasia è la sua sola speranza, Lei non è qui, la Fantasia è morta, ispirando momenti di scoraggiamento, immagina altri mormorii. Nel buio e nella luce, no, buio solo, diciamo mormorii


adesso nel buio solo come se nella luce tutt'orecchi tutti i sei piani tutt'orecchi quando splende mentre nel buio non uditi, è risaputo. Eppure niente suono, o meglio un suono troppo flebile per l'orecchio mortale





Immagina altri mormorii. Così grande necessità di parole senza osare finché alla fine lento riflusso dieci secondi, troppo veloce, trenta adesso, grande necessità senza osare finché alla fine lento riflusso trenta secondi sulla terra attraverso mille grigi che sprofondano nell'ombra, fino a che fuori e incontinente, La Fantasia è morta, per esempio se di cattivo umore, non c'è suono. 

Ma vedi come la luce cade e muore e da metà caduta o più lenta risale al culmine e le parole ricadono, che stavano tremando per uscire, tutto bene, nient'altro che un rinvio, buio deve essere alla fine, buio e luce qui uguali alla fine che è quando tutto è compiuto col morto immaginare e le misure prese buio e luce viste uguali alla fine. 

E allora quale sospensione di flusso o riflusso a ogni grigio un tempo illimitato e anche proprio sul davanzale del nero, un tempo illimitato, finché alla fine den...







Traduzione di Roberto Mussapi





sabato 18 aprile 2020

Dissipatio Humani Generis - Guido Morselli



Foto di Julia Margaret Cameron

 
Relitti fonico-visivi mi tengono compagnia, e sono ciò che di più
diretto mi rimanga di “loro”. Puramente verbali, due (da notiziari della
radio, suppongo): fallito dirottamento e riuscito stupro di una ragazza in
un aereo dell'Olympic Airways; e quest'altro in inglese, forse
dall'inattendibile Voice of Europe: A favorite Polish joke goes, we
feign to work, the State feigns to pay us. E due immagini: una bottiglia,
con corona reale sullo sfondo, e la scritta in rosso: Seagram's Canadian
Whisky. 

Il quadratino bianco del campo di tennis diètro l'Hotel
Bellevue, nell'oculare del mio binocolo. La memoria involontaria non
ha altro, e questi ricordi vi fluttuano insistenti e vaghi.
Relitti inconsistenti, e ormai reliquie. Da quella notte un mezzo
mese è trascorso, e potrei dire altrettanto bene un mezzo secolo. Un
lungo panico, in principio. E poi, ma tramontata subito, incredulità, e
poi di nuovo paura. Adesso l'adattamento. Rassegnazione? Direi
proprio accettazione. Con intervalli di proterva ilarità, e di feroce
sollievo.

[...]




Io non amo Crisopoli, anzi non la posso soffrire. In lei ho scorto il
mio antitipo, l'affermazione trionfale di tutto ciò che io rifiuto, l'ho
eletta a centro della mia detestazione del mondo; un caput-mundi al
negativo. La mia « fuga saeculi » è stata, già allora, fuga da questa
precisa localizzazione del ' secolo '. Pure, il fatto che ho sotto gli occhi
mi riesce implausibile e tetro.

Crisopoli è vuota. Ordinata, tranquilla, nelle strade, nelle piazze, sui
quais come in centro, quale doveva essere quella notte, alle 2; ma
vuota. Quanti erano? quattrocentomila, quattrocentoventimila.
Comunque, erano.

Vengo in cerca di qualche migliaio di scomparsi. Gli abitanti della
mia valle, e qui trovo il mega-esodo, la diserzione in massa. Un evento
(inimmaginabile) anche qui ha sorpreso la gente nel sonno:
 la sospensione notturna della vita collettiva 
semplicemente si è prolungata,
indefinitamente prolungata. Perché, se io seguito a figurarmeli fuggiti,
in realtà loro non sono fuggiti, come la gente di Pompei. Né sono stati
ridotti in cenere, come quelli di Hiroshima. Se ne sono andati in un'altra
maniera. Rapiti. Estratti, fatti uscire dalle loro case e sedi diverse. Dai
loro corpi, forse.
No. Dai loro corpi, parrebbe di no. Di corpi, sotto la pioggerella di
giugno, non c'è traccia a Crisopoli.

[...]





Widmad, ore 8. Sto rimirando il monumento di mia invenzione. Non
si è mosso, tiene duro alle intemperie (stamattina, vento e nevischio), ma mi fa venire un dubbio. Il cartellone-paesaggio, il sole a picco delle
Bahamas, l'arena bianca, l'invito « Let's fly down there Where life is
better... » : e se l'Exitus de Aegypto, fosse stato un exitus ad Bahamas?
O a altre inidentificate Isole Felici?
Chi se ne va da questo mondo « passa a miglior vita », dicevano. E il
cartellone invitava appunto a andare « dove la vita è migliore ». La
morte-premio, come emigrazione turistica collettiva, si può concepire,
in un secolo, com'era il nostro, vastamente dedito all'educativo
esercizio del viaggiare.
Il turismo, surrogato della mobilitazione generale, diceva Hans
Enzensberger.





Però si pone il problema logistico. La “recettività” ha la sua
importanza anche per i puri spiriti. Né le Bahamas, né tutte le Antille
messe insieme, potrebbero ospitare una così smisurata collettività. Il
paradiso deve pure offrire un minimo di comfort.
Faccio ritorno alla mia prima ipotesi. Volatilizzazione - sublimazione. Sublimazione - assunzione (nei cieli).

Vediamo. C'è una mia vecchia lettura, un testo di Giamblico che ho
avuto sott'occhio non ricordo per che ricerca. Parlava della fine della
specie e s'intitolava Dissipatio Humani Generis. Dissipazione non in
senso morale. La versione che ricordo era in latino, e nella tarda latinità
pare che dissipatio valesse “evaporazione”, “nebulizzazione” o
qualcosa di ugualmente fisico, e Giamblico accennava nella sua descrizione appunto a un fatale fenomeno di questo tipo. Rispetto a altri
profeti era meno catastrofico: niente diluvio, niente olocausto « solvens
saeclum in favilla », assimilabile oggi a un'ecatombe atomica. 




Gli esseri umani cambiati per prodigio improvviso in uno spray o gas
impercettibile (e inoffensivo, probabilmente inodoro), senza
combustione intermedia. Il che, se non glorioso, perlomeno è decoroso.
Ho dei trascorsi eruditi di cui, dopo un'astinenza di anni, non mi
pento.

Sino a Ezechiele (10 secoli circa dopo Mosè) nessun indizio, nello
stesso Ebraismo, del concetto di una vita ultraterrena riservata dopo il
soggiorno nel mondo agli umani. I giusti venivano premiati con la prosperità (terrena) e con la 
longevità; così di Abramo è detto che morì
« sazio di anni ». In seguito, il compenso ultraterreno divenne, come è
noto, uno dei fondamentali ingredienti della ricetta religiosa per Ebrei,
Cristiani, Mussulmani, e argomento prediletto della teologia e
letteratura annessa. 

Fra gli innumerevoli, un Salviano da Treviri,
vissuto nel III o IV secolo. Autore cristiano di non larga fama, agiografo e apologeta. 

In una lettera al vescovo della sua città, De Fine
Temporum (mi sembra: ora non ho modo di verificare), preso di pietà
evangelica per i patimenti degli uomini, Salviano parlava di una loro,
auspicata, « sublimatio » generale.




 Cosa da apprezzare, il finale riscatto lui lo accordava persino ai
pagani, e consisteva in un'assunzione al cielo dopo che i corpi, vivi,
fossero resi eterei in un unico portentoso evento. Repentino e inatteso.
Cito a memoria: « Mundus permanebit ». (E in questo, ci siamo).
« Viri, mulieres, pueri, humani viventes cuiuscumque aetatis, ordinis vel
nationis, raptim sublimabuntur ». (Salviano non ha ispirato Freud; la
sublimazione in Freud è una blanda metafora).
Senonché, Salviano univa alla clemenza una discriminante giustizia.
« Nihil huius gloriae decet peccatorem ». I pagani come tali possono
sublimarsi, i peccatori no. Sarebbe interessante sapere a quale delle due
categorie appartenga io. Supposto che non le cumuli tutt'e due. Ma la
mia scienza, e autocoscienza, non arrivano a tanto. 
Rinuncio.




© 1977 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO
WWW. ADELPHI. IT
ISBN 978-88-459-0633-6








sabato 11 aprile 2020

Il risveglio prematuro di Harold Newkom - P.K.Dick



 
 Barbara Stanwyck - La Fiamma del Peccato (Double Indemnity)



Perchè tu gli occhi apra ai ciechi
E chi è in catene e vive nella tenebra
Tiri fuori dal carcere e dal chiuso 
(Isaia 42:6-7)



Forest Knolls, pensò Sebastian. Il cimitero abbandonato da tutti, evidentemente scelto con grande cura da coloro che amavano il Ribelle, da coloro che l'hanno sepolto. Devono aver avuto fede in Alex Hobart e nella sua teoria secondo cui il tempo era in procinto di invertire il proprio corso; devono aver previsto questa precisa situazione.



Sebastian si chiese quanto a lungo e quanto intensamente gli scherani di Ray Roberts avessero dato la caccia alla tomba di Peak. Non abbastanza, era ovvio. Sotto di lui sfrecciò il rettangolo verde del cimitero. Sebastian tornò indietro, scendendo di quota. Si posò su quella che era stata l'area di parcheggio del cimitero, un tempo coperta di ghiaia e ora invasa, come le tombe, da orribili erbacce lussureggianti.



Anche di giorno era un posto laido, a dispetto della vita nascente che poteva invocare aiuto da sottoterra. Allora si apriranno gli occhi ai ciechi, pensò Sebastian citando un passo della Bibbia che ricordava vagamente. E si scioglierà la lingua ai morti. Un passo bellissimo, ora divenuto sostanzialmente e scrupolosamente vero.

Chi l'avrebbe mai immaginato? Per secoli e secoli gli intellettuali di tutto il mondo l'avevano considerato una favola graziosa e consolatoria mediante la quale far accettare di buon grado alla gente il proprio destino. E ora si constatava che era letteralmente vero.




Sebastian, facendosi strada fra tumuli piú modesti, giunse alla lastra in granito lavorato sotto alla quale giaceva Thomas Peak, 1921-1971. La tomba, grazie a Dio, era ancora intatta. Lí intorno non c'era nessuno, nessuno che potesse assistere all'operazione illegale. S'inginocchiò di fianco alla lastra, accese il megafono, e lo accostò alla bocca: «Signore, riesce a sentirmi? Se mi sente, faccia un segnale». Udí la propria voce rimbombare ed echeggiare. Si augurò che non attirasse l'attenzione di quanti stavano eventualmente passando accanto al cimitero. Tirò fuori la cuffia, la infilò, premette contro il terreno l'imbuto sensibile ai suoni, e si pose in ascolto.

Nessuna risposta. 

Un vento lugubre agitava le erbacce selvatiche disposte a ciuffi irregolari, la landa di quel piccolo cimitero di periferia. Sebastian spostò l'imbuto qua e là sulla lastra, cercando di cogliere qualche vibrazione. Nulla. Ed ecco che percepí una voce provenire da un'altra tomba, a parecchi metri di distanza. « Riesco a sentirla, signore. Sono vivo e mi trovo bloccato quaggiú; è tutto buio. Dove sono? ». Nella debole voce isolata si avvertiva il panico. Sebastian sospirò: per colpa del megafono aveva svegliato un altro cadavere. Ora c'era da provvedere anche a quello: era un suo preciso dovere nei confronti del redivivo intrappolato nella bara soffocante. Si diresse alla tomba dalla quale era giunta la voce, si inginocchiò, e appoggiò al suolo l'imbuto d'ascolto, benché non fosse necessario.


« Non abbia paura, signore », gridò nel megafono. « lo sono quassú, e mi rendo conto della sua situazione. La tireremo fuori presto ».

« Ma... ». La voce oscillò, parve sul punto di spegnersi. « Dove sono? Che posto è, questo? ».

« Lei è stato sepolto », spiegò Sebastian. Era la solita storia: tutte le volte si verificava quel breve e singolare intervallo tra il risveglio del cadavere e il momento in cui lo esumavano... e ancora non ne aveva preso l'abitudine. « Lei è morto», proseguí, « ed è stato sepolto; poi il tempo ha subito un'inversione, e lei è vivo di nuovo ».

« Il tempo? », ripeté la voce. « Come dice? Io… io non capisco. Quale tempo? Non posso uscire da qui? Questo posto non mi piace; voglio tornare nel mio letto, nella mia stanza del La Honda General ».

Gli ultimi e definitivi ricordi, quelli della degenza in ospedale. Sebastian gridò nel megafono: « Mi ascolti, signore. Fra poco arriveranno gli uomini e le attrezzature per tirarla fuori; intanto veda di respirare il meno possibile, per non consumare tutta l'aria. Cerchi di rilassarsi ».






« Mi chiamo Harold Newkom », gridò di rimando la voce. « Sono un reduce, e ho diritto a certi riguardi. Lei non può trattare in questo modo un reduce ».

« Mi creda, non è colpa mia », sospirò Sebastian.

Anche questo doveva capitarmi, rifletté cupamente; ricordo bene quel che si prova risvegliandosi nel buio.

Nella Minuscola Dimora, come viene chiamata. E alcuni, pensò, continuano a invocare aiuto senza ottenere risposta... tutto perché siamo legati e ostacolati e bloccati da quelle maledette leggi burocratiche approvate a Sacramento. Leggi sorpassate da un pezzo, accidenti a loro! Si alzò in piedi con movimenti legnosi 
(non ringiovaniva abbastanza in fretta) e tornò alla tomba del Ribelle.






Tratto da Redivivi S.P.A. Dall'Oglio Editore. Milano, 1972. 
Traduzione di Maria Silva
Noto anche come In Senso Inverso e Ritorno dall'Aldilà.
Titolo originale Counter-Clock World, 1967