Per far coraggio alla mia timida lampada
La vasta notte accende tutte le sue stelle.
(Tagore)
La vasta notte accende tutte le sue stelle.
(Tagore)
Chi
può dire oggi: la mia lampadina elettrica come un tempo si diceva:
la mia Lampada? Ah, come sognare ancora in questo declino degli
aggettivi possessivi, di quegli aggettivi che esprimevano con tanta
forza la familiarità che avevamo con i nostri oggetti?
La
fiamma, tra tutti gli oggetti esistenti al mondo che evocano la
rêverie*, è uno dei massimi operatori di immagini. La fiamma ci
costringe a immaginare. Davanti a una fiamma,
quando si
sogna, quel che si percepisce non è nulla
a confronto di quel che si immagina.
La fiamma porta il suo
valore di metafore e di immagini nelle più diverse sfere di
meditazione. Assumetela come il soggetto di uno dei verbi che
esprimono la vita, e vedrete che conferirà al verbo un
supplemento di animazione. Il filosofo che corre alle
generalizzazioni lo afferma con tranquillità dogmatica:
« Quella che chiamiamo Vita nella
creazione è, in tutte le forme e in tutti gli esseri, un solo e unico spirito, un'unica fiamma ».
Ma una simile generalizzazione va troppo rapida allo scopo. E
piuttosto nella molteplicità e nel particolare delle immagini
che dovremmo far sentire la funzione di operatore di immaginazione
delle fiamme immaginate. Il verbo infiammare deve allora entrare
nel vocabolario dello psicologo. Esso domina tutto un settore
del mondo dell'espressione.
Le immagini del linguaggio infiammato infiammano lo psichismo, conferiscono una tonalità di eccitazione che una filosofia del poetico deve precisare. Attraverso la fiamma assunta come oggetto di rêverie anche le metafore più fredde si trasformano realmente in immagini. Mentre le metafore spesso non sono che spostamenti di pensieri in una volontà di dir meglio, di dire altrimenti, l'immagine, l'immagine autentica, quando è vita primaria dell'immaginazione, lascia il mondo reale per il mondo immaginato, immaginario.
Nell’ immagine immaginata possiamo conoscere quell'assoluto della rêverie che è la réverie poetica. [...] Un essere sognatore felice di sognare, attivo nella sua rêverie, possiede una verità dell'essere, un avvenire dell'essere umano.
Le immagini del linguaggio infiammato infiammano lo psichismo, conferiscono una tonalità di eccitazione che una filosofia del poetico deve precisare. Attraverso la fiamma assunta come oggetto di rêverie anche le metafore più fredde si trasformano realmente in immagini. Mentre le metafore spesso non sono che spostamenti di pensieri in una volontà di dir meglio, di dire altrimenti, l'immagine, l'immagine autentica, quando è vita primaria dell'immaginazione, lascia il mondo reale per il mondo immaginato, immaginario.
Nell’ immagine immaginata possiamo conoscere quell'assoluto della rêverie che è la réverie poetica. [...] Un essere sognatore felice di sognare, attivo nella sua rêverie, possiede una verità dell'essere, un avvenire dell'essere umano.
Tra tutte le immagini, quelle della fiamma - le ingenue come le più astruse, le sagge come le folli portano in sé un segno di poesia. Ogni sognatore di fiamma è un poeta in potenza. Ogni rêverie davanti alla fiamma è una rêverie che ammira. Ogni sognatore di fiamma è in stato di rêverie primaria. Questa ammirazione primaria è radicata nel nostro lontano passato. Noi abbiamo per la
fiamma un'ammirazione naturale, oserei dire: un'ammirazione innata.
La fiamma provoca un'accentuazione del piacere di vedere, un al di là del sempre visto. Ci costringe a guardare.
La
fiamma ci chiama a vedere come se fosse la prima volta: ne
abbiamo mille ricordi, ne sognamo grazie all'individualità personale
di un'antichissima memoria, e tuttavia ne sognamo come ne sognano
tutti, ricordiamo come tutti ricordano - allora, seguendo una delle
leggi più costanti della rêverie davanti alla fiamma, il
sognatore vive in un passato che non è più unicamente il suo, nel
passato dei primi fuochi del mondo.
***
Certamente
l’occhio si turba, la palpebra trema quando trema la fiamma.
La
fiamma fruscia, la fiamma geme. La fiamma è una creatura che soffre.
Da questa geenna salgono mormorii cupi. Ogni piccolo dolore è il
segno del dolore del mondo.
Un
tempo, in un tempo dimenticato dagli stessi sogni, la fiamma di
una candela faceva meditare i sapienti: donava infiniti sogni al
filosofo solitario. Sul suo tavolo, accanto agli oggetti prigionieri
della loro forma, accanto ai libri che istruiscono lentamente,
la fiamma della candela richiamava pensieri senza misura,
evocava immagini senza limite.
La fiamma era allora, per un sognatore di mondi, un fenomeno del mondo. Si studiava il sistema del mondo in ponderosi libri, ed ecco che una semplice fiamma - o derisione del sapere! - viene a porre direttamente il suo enigma. Dentro una fiamma non vive forse il mondo? E la fiamma non ha forse una vita? Non è forse il segno visibile di un essere intimo, il segno di una potenza segreta? Non contiene forse, questa fiamma, tutte le contraddizioni interne che conferiscono a una metafisica elementare il suo dinamismo?
Perché cercare dialettiche di idee quando si hanno, nel cuore di un semplice fenomeno, dialettiche di fatti, dialettiche di esseri? la fiamma è un essere privo di massa e tuttavia è un essere forte.
La fiamma era allora, per un sognatore di mondi, un fenomeno del mondo. Si studiava il sistema del mondo in ponderosi libri, ed ecco che una semplice fiamma - o derisione del sapere! - viene a porre direttamente il suo enigma. Dentro una fiamma non vive forse il mondo? E la fiamma non ha forse una vita? Non è forse il segno visibile di un essere intimo, il segno di una potenza segreta? Non contiene forse, questa fiamma, tutte le contraddizioni interne che conferiscono a una metafisica elementare il suo dinamismo?
Perché cercare dialettiche di idee quando si hanno, nel cuore di un semplice fenomeno, dialettiche di fatti, dialettiche di esseri? la fiamma è un essere privo di massa e tuttavia è un essere forte.
Quale campo di metafore dovremmo esaminare se, in un raddoppiamento delle immagini che uniscono la vita e la fiamma, volessimo scrivere una «psicologia» delle fiamme e al tempo stesso una « fisica » dei fuochi della vita! Metafore? In quell'età di remoto sapere in cui la fiamma faceva pensare i sapienti, le metafore erano pensieri.
Un temperamento poetico più ardente dirà con maggior passione il fuoco delle rose. L'opera di D'Annunzio è ricca di rose in fuoco. Nel grande romanzo Il fuoco leggiamo:
«Guarda le rose rosse!»
«Ardono. Sembra che abbiano nella corolla un carbone acceso. Ardono veramente! »
L'osservazione è cosi semplice! A un lettore frettoloso può sembrare persino banale. Ma lo scrittore ha voluto darci il dialogo di due amanti nel fuoco delle passioni. I
fiori rossi possono segnare una vita.
Qualche riga più avanti, il dialogo riprende:
«Guarda, diventano sempre più rosse. Il velluto di Bonifazio... Ti ricordi? La stessa forza»
«L'interno fiore del fuoco »
In un'altra pagina, quando D'Annunzio segue il lavoro dei vetrai, l'immagine s'inverte. E il vetro fuso che richiama il nome di un fiore, nuova testimonianza delle
azioni reciproche dei due poli di una bi-immagine:
...le coppe nascenti oscillarono in cima dei ferri tra rosee e azzurrognole come i corimbi dell'ortensia in punto di variare
Cosi, reciprocamente, il fuoco fiorisce e il fiore si illumina.
Si potrebbero sviluppare senza fine questi due corollari: il colore è un’epifania del fuoco; il fiore è un’ontofonia della luce.
*Tratto da La Fiamma di una Candela, di Gaston Bachelard. Saggi e Documenti del Novecento. SE Srl, Milano 1996. Traduzione di Guido Alberti
**rêverie ‹revrì› s. f., fr. [der. di rêve «sogno»]. – Fantasticheria, come condizione di chi si abbandona al fantasticare e come opera che riflette questo stato: Alberto si era inabissato in una r. così profonda da non sentire una sola parola delle confidenze del suo amico (Capuana). È usato in italiano soprattutto nel linguaggio della critica letteraria, artistica e musicale.
**rêverie ‹revrì› s. f., fr. [der. di rêve «sogno»]. – Fantasticheria, come condizione di chi si abbandona al fantasticare e come opera che riflette questo stato: Alberto si era inabissato in una r. così profonda da non sentire una sola parola delle confidenze del suo amico (Capuana). È usato in italiano soprattutto nel linguaggio della critica letteraria, artistica e musicale.