uno dei due è l'altro

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lunedì 25 aprile 2016

Il Rock Progressivo Italiano 1968-1972



Nuova Idea - In the Beginning
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Le origini (1968-1969)


Il Rock Progressivo Italiano è un genere musicale che si diffuse lungo tutta la nostra penisola a partire dal 1970 sino al 1976, anno in cui vennero meno le condizioni necessarie alla sua sopravvivenza. 

Inizialmente al ricalco di quel progressive rock inglese che ebbe tra i suoi artefici principali Procol Harum, Moody Blues, Nice e King Crimson, il Prog italiano riuscì tuttavia ad assumere rapidamente una propria fisionomia: contaminando gli originali modelli d’oltremanica con sonorità mediterranee e balcaniche, sviluppando un linguaggio in grado di veicolare le aspirazioni di una generazione altamente rivendicativa, e allo steso tempo di rifletterne le inquietudini. 

Ma se il progressive britannico, nato nelle art schools e nei colleges borghesi, rimase appannaggio di platee selezionate, il nostro Pop attecchì invece ovunque, ambasciato da una maggiore stratificazione sociale dei suoi interpreti, e potendo contare sin dagli inizi su un circuito alternativo consolidato e proclive alle novità. 

In più, avvezzo a quelle pratiche trasgressive che avevano caratterizzato la contestazione del 68-69: disobbedienze civili, controinformazione, autogestione di spazi sociali (es: la “cava” dei Beat a Milano o “la casa degli artisti” all’Eur di Roma), e persino qualche significativa occupazione come quella dell’ex Hotel Commercio a Milano

Ciò che però distinse maggiormente il Rock Progressivo italiano da tutti gli altri suoi omologhi europei, furono le eccezionali condizioni sociopolitiche in cui nacque e si sviluppò, ossia quegli anni di piombo innescati dagli attentati del 12 dicembre 1969 a Milano e a Roma, i cui effetti sconvolsero sia l’assetto sociopolitico dell’intera nazione, sia quello della galassia alternativa dalla quale il nostro Prog attinse pubblico, ispirazione e linfa vitale.

Di fatto, mentre in ambito produttivo la strage di Stato acuì lo scontro tra classe operaia, sindacati e padronato, il fronte antagonista si spaccò invece in due tronconi ben distinti a seguito di una decisa verticalizzazione di stampo terzinternzionalista: da un lato i gruppi politici che si occuparono di gestire lo scontro con lo Stato e le istituzioni, e dall’altro, un nuovo movimento a matrice creativo-esistenzialista che accorpò tutte le ipotesi libertarie legate al biennio 68-69 (beat, freaks, studenti, libertari, anarchici, situazionisti ecc.), e si concentrò su quegli aspetti pratici e teorici non toccati dalla politica: ricerca del sé, educazione, comunicazione, sessualità, spiritualità, religiosità, rapporti familiari e soprattutto l’arte, intesa come massimo veicolo di espressione collettiva. Ambito in cui, naturalmente, musica e scrittura rivestirono un ruolo fondamentale. 




Le Stelle di Mario Schifano

In sintesi: a partire dal 1970 e sino alla fine del 1972, quando cioè le mutazioni dello scacchiere politico imposero nuove trasformazioni, politica e creatività viaggiarono su due binari separati. Il primo, identificabile nella lotta di classe condotta principalmente dai gruppi extraparlamentari (in particolare: Avanguardia Operaia, Lotta Continua e Potere Operaio), e il secondo, in quel Movimento alternativo concentrato sul sociale, che il suo leader Andrea Valcarenghi avrebbe battezzato Underground

E fu proprio nel contesto libertario e creativo dell’Underground che mosse i suoi primi passi quel Rock Progressivo italiano che nel giro di sette anni avrebbe radicalmente innovato la nostra musica contemporanea.

Non c’è da stupirsi dunque se in nel triennio 70-72 il Pop italiano fu ancora prevalentemente apolitico, stilisticamente analogo a certi modelli di importazione angloamericana, e corredato da una poetica onirica, introspettiva, o talora del tutto disimpegnata. Ciò in quanto si riteneva che, almeno inizialmente, le priorità musicali fossero sorattutto: sovvertire gli schemi della forma-canzone di retaggio ottocentesco, superare la melodia classica, e soprattutto produrre cultura e comunicazione con uno stile che fosse, come si diceva all’epoca, “nuovo ad ogni costo”.

A dire il vero, importanti segnali di trasformazione arrivarono già nel 1968, ossia quando uscì lo straordinario l’album dei genovesi New Trolls "Senza orario, senza bandiera", realizzato in collaborazione con l’allora ventottenne cantautore Fabrizio De André e col poeta libertario Riccardo Mannerini


Lungi dal contenere gli stilemi del Prog vero e proprio, il disco ne assumeva comunque alcuni elementi distintivi, essendo stato il primo concept album italiano: cioè un’opera musicale e letteraria imperniata su un solo filo conduttore. In questo caso: un viaggio immaginario che restituiva la visione del mondo agli occhi di un poeta. 

Il riscontro fu notevole, e anche se altre avanguardie ben più radicali avevano già tradotto in musica quella voglia di rinnovamento che c’era nell’aria (es: Le Stelle di Mario Schifano con l’album "Dedicato a..." del 1967, o i romani Chetro & Co. con "Danze della Sera" del 68 su testo di Pierpaolo Pasolini), "Senza orario" stabilì senza ombra di dubbio che, sia il pubblico che il mercato italiano, erano pronti per un significativo salto di qualità: un sentore che contagiò un numero sempre maggiore di artisti che, da quel momento in poi, iniziarono anch’essi a sperimentare nuove soluzioni e inedite metodologie musicali. 

 

Chetro & Co.


Per esempio, l’allora ventireenne Franco Battiato che fu il primo musicista italiano a rielaborare chiave Pop un brano classico. Nella fattispecie il "Concerto n°1 per pianoforte e orchestra in Si bemolle maggiore Op. 23" di Pëtr Il’ič Čajkovskij, diventato per l’occasione "Vento caldo": inciso verso la fine degli anni Sessanta, ma pubblicato in sordina solo nel 1971 perchè ritenuto troppo avanti coi tempi. Ma torniamo al nostro racconto.

Nel 1969 il Beat aveva ormai esaurito su tutti i fronti la sua spinta propulsiva: sia come moda giovanile, sia a livello di soggetto antagonista, già agonizzante da un paio anni a seguito dello sgombero della Tendopoli di Via Ripamonti a Milano, e del successivo scioglimento di Mondo Beat.


 Franco Battiato

Del resto, la crescente conflittualità nelle fabbriche e nelle università, unite all’incapacità del governo di porvi rimedio se non imbrigliandole con le bombe di Stato, imponeva ormai la formazione di un movimento molto più organico e articolato rispetto allo spontaneismo del 68, e prova ne fu la breve ma variegata occupazione dell’ex Hotel Commercio a Milano

E quasi a riflettere quella nuova complessità sociale, anche la musica progressista sembrò non accontentarsi più delle delle primigenie contestazioni dei capelloni, orientandosi piuttosto verso quelle nuove tendenze già affermatesi da qualche anno nel resto in Europa: Prog e Psichedelia

La prima ad essere importata in ordine di tempo fu la Psichedelia: un genere che in Italia ebbe vita breve e carbonara, ma fu comunque il chiaro sensore di quanto i nostri musicisti volessero rimanere al passo coi tempi. 

Pionieri accreditati di questo stile fuorno indubbiamente i New Trolls che, prima di ammorbidirsi in brani più comunicativi per poi passare al rock sinfonico, esternarono nel biennio 67-67 le loro intuizioni più acide: in particolare nei due 45 giri "Sensazioni" e "Visioni"




New Trolls


Citiamo poi Le Orme, il cui Lp "Ad Gloriam" conteneva gustosi frammenti lisergici quali "Fumo" e "I Miei Sogni", i napoletani "Fabio Celi e gli Infermieri" con il loro Lp dedicato al tema della follia, e i milanesi Stormy Six che nel loro album d’esordio Le idee di oggi per la musica di domani, proposero il brano straordinariamente sperimentale "Schalplattengesellschaft mph"




Le Orme

Purtroppo, New Trolls a parte, nessuno di questi lavori uscì dall’anonimato, ma occorre anche sottolineare che a quei tempi, questi piccoli gioielli non solo erano ritenuti sottoprodotti di nicchia, ma furono anche poco pubblicizzati ed ancor meno reperibili. 

Inoltre, si consideri che a differenza di altri paesi europei, in Italia i 33 giri non avevano ancora acquisito una propria valenza narrativa, accorpando più che altro materiale già pubblicato, e quindi ritentuti un lusso, se non addirittura superflui, dalla maggior parte degli acquirenti. 


Ma il cambiamento era alle porte, e già dall’anno successivo arrivarono le prime sostanziali novità.


Fabio Celi e gli Infermieri


1970: Verso il Progressivo


Come abbiamo visto, il 1969 rappresentò per l’Italia un punto di non ritorno. 
Ma non solo per l’autunno caldo o per le bombe del 12 dicembre, quanto perché, da quell’anno in poi, per tutte le avanguardie, venne meno qualunque possibilità di sanare i conflitti in corso attraverso un’alternativa politica reale. 

Come sostenne anche Renato Curcio, fondatore delle Brigate Rosse, le bombe equivasero a “un atto di guerra contro le lotte e il movimento”, e infatti sin dai primi mesi del 1970, il problema principale del mondo operaio fu sia di fronteggiare quell’attacco, sia la conseguente ristrutturazione capitalistica all’interno delle fabbriche.

Ma se la linea di medizione gestita da partiti e sindacati ottenne in maggio la pur storica istituzione dello Statuto dei Lavoratori, per gli organismi di base restavano invece aperte le questioni strategiche e interpretative legate ai rapporti tra lavoro e lotta di classe: un dibattito complesso e non illustrabile in questa sede, ma che ebbe tra i suoi effetti immediati sia il rifiuto del lavoro, inteso come rinuncia del sé per asservire il capitale (e la cui pratica venne attuata in modo capillare sino alla metà del decennio), sia una graduale deriva delle frange più antisistemiche verso la lotta armata: dai Gap di Feltrinelli al CPM-Sinistra Proletaria, dai Marxisti-Leninisti alle Brigate Rosse che proprio nel 1970 iniziarono il loro percorso rivendicativo.

Nel contempo, sul fronte creativo-esistenziale - come dicevamo, avulso dalla politica e dalla lotta di classe, la crescente espansione e l’indomito attivismo dell’Underground iniziarono a spingere migliaia di giovani libertari alla ricerca di nuovi referenti culturali. Nel nostro caso: musicisti che superassero proposte ormai esaurite come quelle Beat-Freak-Psichedeliche, per tradurre in musica e parole la spiritualità, le problematiche e i valori della nuova filosofia movimentista. 

Parallelamente, il boom della controinformazione alternativa - detta anche Galassia Gutenberg - inondò l’Italia con pubblicazioni indipendenti e autoprodotte, le quali non solo fecero conoscere a una larga fetta di pubblico quei nomi ancora poco noti della musica internazionale, ma diedero soprattutto ampia visibilità al nostro Rock, occupandosi costantemente di quelle nuove realtà che emergevano ormai a ciclo continuo.

Per inciso, nel mese di novembre uscirà il numero zero di Re Nudo: la più importante rivista alternativa del decennio, e portavoce di tutte le incarnazioni del Movimento.

    Gleemen

Di rimbalzo, la stampa ufficiale e le case discografiche iniziarono anch’esse il loro processo di modernizzazione, e i Festival Pop, pur se ancora a gestione manageriale, si imposero definitivamente quale momento coagulante del pubblico più progressista. Di quest’anno, segnaliamo in particolare il Palermo Pop, e il primo Festival di Caracalla

Locali e balere invece, cominciarono ad ospitare, pur se con molta cautela, i nuovi gruppi che finalmente, iniziano a veicolare professionalmente le loro proposte.




Blues Right Off


Il Prog, ad essere sinceri, faticava ancora ad affermarsi, messo alle corde dai rimasugli Beat, post-psichedelici e blues-rock ambasciati da formazioni quali i Circus 2000, Gleemen, Formula Tre, Il Mucchio, Blues Right Off, Underground Set, Fourth Sensation e Free Action Inc

Tuttavia, nelle cantine e nelle sale di incisione di qualche coraggiosa discografica come la Ariston, risuonava già una musica diversa e molto più ispirata ai King Crimson che non a Hendrix o ai Jefferson Airplane: spesso appannaggio di gruppi che non riuscirono mai ad emergere come i sanrenmesi Il Sistema o i fiorentini Noi Tre, ma anche di coloro che stavano già raccogliendo consensi nelle manifestazioni musicali di tutta Italia. 




 Free Action Inc.


Tra questi, segnaliamo in particolare i genovesi Nuova Idea, la cui "Pitea: un uomo contro l’infinito" - anche partecipante a “Un Disco per l’Estate” - fu uno dei primi singoli, se non proprio il primo, a matrice realmente progressiva; i torinesi Trip, il cui album eponimo era basicamente blues-rock ma venne etichettato come “musica impressionistica” per la sua originalità negli arrangiamenti e nelle parti vocali, e infine i napoletani Balletto di Bronzo che con "Sirio 2222" licenziarono una delle prime mini-suites italiane. 


 
Nuova Idea



Sirio 2222


Caso a sè furono invece gli Alluminogeni: spesso osteggiati dal Movimento per la loro disarmante ingenuità politica, ma latori di un sound visionario e spaziale davvero unico nel panorama italiano. A testimoniarlo, i loro due primi singoli "L’alba di Bremit" e "Dimensione prima", che ottennero un buon riscontro tanto in patria, quanto a Radio Montecarlo, alla TV Svizzera e a Tele Capodistria che dedicò loro persino uno special di Capodanno.




Alluminogeni


1971: L'Italia crea il suo Prog


Il 1971 si apre con la clamorosa pubblicazione degli atti relativi al Piano Solo, ossia quella manovra militare che nel 1964, e con l’appoggio dei servizi segreti del Sifar, avrebbe dovuto consegnare la nazione in mano all’arma dei Carabinieri, ed “enucleare” da governo e sindacati quei rappresentanti della Sinistra ritenuti "pericolosi"

La notizia invero non ebbe ripercussioni pratiche di rilievo, ma se assommata al fallito colpo di Stato di Junio Valerio Borghese, e ai fatti di Gioia Tauro avvenuti l’anno prima, disvelò comunque un panorama inquietante. 

Di fatto, qualunque attivista democratico aveva ormai capito che, dietro le pratiche apparentemente difensive dello Stato, si celavano in realtà cospirazioni e trame occulte, ordite con la complicità di organizzazioni segrete, massoniche (anche transnazionali), mafiose, clericali e neofasciste. 


Tant’è che nell’aprile del 71 vennero arrestati per l’eccidio di Piazza Fontana due militanti di Ordine Nuovo, Franco Freda e Giovanni Ventura, quest’ultimo già reo confesso di ben 21 attentati nel 1969


Come se studiata a tavolino, insomma, la strategia della tensione sembrava funzionare alla perfezione, e non a caso l’anno successivo sarebbe stato caratterizzato sia da un’escalation delle destre, sia da un sanguinoso inasprimento del conflitto sociale. 

Intanto, il mondo dell’Underground, ormai in piena attività, registrava la nascita della casa editrice Stampa Alternativa guidata da Marcello Barghini che, oltre all’impegno militante, rivestirà un ruolo fondamentale nella lotta contro il caro-concerti e l’accentramento dell’impresariato musicale, poi radicalizzatasi nel fenomeno dell’autoriduzione. 

Per inciso, un nutrito capanello dei cosiddetti “baraghiniani” presenziò anche alla serata del 5 luglio al Vigorelli di Milano, quando uno sciagurato incidente organizzativo, e un altrettanto irresponsabile comportamento della polizia, scatenarono durante un concerto dei Led Zeppelin quegli incidenti che allontanarono per molti anni le star internazionali dall’Italia.


Le Orme

Ma, tafferugli a parte, l’Underground del 71 fu anche quello delle prime autogestioni, della vita nelle Comuni, delle autoanalisi, e soprattutto della reinvenzione creativa e collettiva del tempo libero: una filosofia che raggiungerà la sua massima espressione nei Festival del proletariato giovanile di Re Nudo, inaugurati ufficialmente il 25 settembre a Ballabio, dopo una prima esperienza di prova tenutasi l’anno precedente a Milano Lacchiarella. 

Ed è sull’onda di questo straordinario attivismo culturale antagonista (ma anche un auto-isolamento a livello culturale), che il Prog italiano iniziò la sua ascesa: accettato dagli ascoltatori, e riconosciuto dai media quale nuova realtà musicale. 

Le produzioni discografiche d’avanguardia raddoppiarono rispetto al 1970, e al loro interno comparvero almeno una manciata di alum progressivi propriamente detti e un singolo a dir poco epocale: "Impressioni di Settembre" della Premiata Forneria Marconi, pubblicato in ottobre. 

Tra gli LP: due assi pigliatutto quali  "Collage" dei margherini Le Orme e "Concerto Grosso" dei New Trolls, il non meno affascinante "In the beginning" dei genovesi Nuova Idea e, se vogliamo, quella straordinaria suite sul tema della mafia che fu "Terra in Bocca"dei Giganti

 Il Beat è praticamente scomparso, e ad affiancare i titoli più quotati ci sono ora almeno una ventina di produzioni decisamente innovative. Magari non proprio nell’accezione internazionale del termine, ma più che sufficienti per dare una secca spallata alla consuetudine melodica italiana. 

Sono quasi tutte produzioni di gruppi esordienti (almeno a 33 giri), in linea di massima molto ben curate e prodotte e soprattutto, restituiscono un ventaglio impressionante di contaminazioni come nella migliore tradizione progressiva: musica barocca soprattutto, ma anche rock, blues, hard, pysch, folk, ambient, autorale, popolare e persino etnica.

Ancora un po' timidi i tentativi in ambito concreto, sperimentale ed elettronico, ma è solo questione di pochi mesi.  


 
Osanna

In questo senso, eccellenti lavori sul versante rock furono "L’Uomo" degli Osanna, "Caronte" dei Trip, e "La Bibbia" dei chiassosi Il Rovescio della Medaglia
 
Più pop invece i Formula Tre, Delirium, I Numi e Panna Fredda, e meno incisivi I Leoni e i Salis
Trale le insonorizzazioni segnaliamo Blue Fantom, Braen’s Machine, Ping Pong e Planetarium, mentre l’unico solista dell’anno, Claudio Rocchi, licenziò invece una pietra miliare del pop d’autore italiano: "Volo Magico N°1", edito per la famosa “Serie Gnomo” della Ariston, ossia la discografica che ufficializzò il nome “rock progressivo” stampandone chiaramente la dicitura sulle label dei dischi. 

Va detto infine che, conforme alla vulcanica creatività dell’Underground, anche le copertine dei dischi iniziarono a dotarsi di un notevole plusvalore grafico, diventando in poco tempo così sofisticate da assurgere a veri e propri oggetti di culto. Tra i loro designer ricordiamo Cesare Monti, Franco Crepax, Gianni Sassi, Roberto Gavioli e Luciano Tallarini, solo per citarne alcuni. 

Il Rock Progressivo italiano dunque, stava assumendo una sua precisa fisionomia.



1972: Il Prog italiano si impone


Dopo un 1971 chiusosi con una violenta battaglia tra polizia e studenti a Milano, il 1972 esordì con la crisi del primo governo Andreotti, poi riconfermato a giugno. 

È un momento storico che vide sostanzialmente protagoniste le destre che raggiunsero l’obiettivo di minare l’unità sindacale, avanzarono nettamente alle elezioni politiche del 7 maggio, pur restando sempre nel mirino dei magistrati: in marzo verrà arrestato Pino Rauti per la strage di Piazza Fontana, e tre mesi dopo Giorgio Almirante per sospetta ricostruzione del partito fascista. 

A Sinistra cominciava invece l’era Berlinguer che portò si una ventata di fiducia tra gli elettori, ma deluse nuovamente la base per la sua politica consociativista, poi concretatasi l’anno successivo con il controverso compromesso storico

Ma il 1972 iniziò soprattutto con un bagno di sangue, e con rivendicazioni sempre più eloquenti da parte dei gruppi clandestini: il 3 marzo le Brigate Rosse sequestrarono l’ingengner Idalgo Macchiarini, uno dei capi più odiati della Sit Siemens (sue le parole: “gli operai vanno trattati con la frusta, se no sono sempre lì a rivendicare”), la cui foto con lo sguardo atterrito e con due pistole puntate alla tempia sucitò enorme scalpore.  
 
Otto giorni dopo, durante alcuni scontri a Milano, un lacrimogeno uccise un pensionato di passaggio, mentre a metà mese il cadavere di Giangiacomo Feltrinelli fu rinvenuto sotto un traliccio dell’Enel a Segrate. 

Il 5 maggio, l’anarchico Franco Serrantini morì in cella per le percosse subite dalla polizia, e dodici giorni dopo fu il turno del commissario Luigi Calabresi, colpito alle spalle da due proiettili calibro 38. Il processo che ne seguì sarebbe durato ben 16 anni, coinvolgendo principalmente Lotta Continua, ma anche l’organizzazione paramilitare Gladio, giacchè sembra che la vittima stesse indagando sul coinvolgimento dei servizi segreti in un traffico illegale di armi tra la Svizzera e il Veneto. 

A questo punto, a fronte di una tale escalation di violenza, là dove la foga repressiva dello Stato coinvolgeva puntualmente anche gruppi e persone estranee ai fatti, persino il pacifico mondo dell’Underground venne attraversato da una profonda crisi di coscienza. Cominciava cioè a profilarsi l’idea che l’evolversi della situazione richiedesse ormai il coinvolgimento e l’unione di tutte le forze in campo. 

Alché, nell’arco di tutto l’anno, si assistette a un graduale riavvicinamento del Movimento ai gruppi, concretato da dimostrazioni di solidarietà, prese di posizione politiche e dalla massiccia partecipazione dei movimentisti a cortei e manifestazioni organizzati dalle formazioni extraparlamentari. 

“La classe operaia non può dirigere tutto, ma non deve essere nemmeno lasciata sola”, scriverà in ottobre Valcarenghi. E e a fine anno, il riallacciamento sarà completo. 

Nel bene e nel male, il 1972 fu dunque un anno pieno di stimoli, e ciò si rifless.e sulle avanguardie musicali in maniera evidente. 

Ma se le pubblicazioni a 33 giri furono circa il triplo rispetto al 71 per un totale di circa 60 album, ciò che subì un incremento esponenziale fu soprattutto la qualità complessiva delle produzioni, di cui ben oltre una ventina sarebbero diventate dei classici del Prog italiano.



I Giganti



Per approfondire: http://www.italianprog.it/

domenica 17 aprile 2016

L'EQUIVOCO LIBERISTA SU RODRIK: IL TRILEMMA VALE UN DILEMMA (MOLTO RUMORE PER POCO)

Bazaar



Felicien Rops
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"Mai nella storia, per quanto ne sappiamo, c'è stato un tentativo così determinato, riccamente sovvenzionato, politicamente organizzato di persuadere il genere umano che tutto il progresso, tutta la prosperità, tutta la salvezza, individuale e sociale, dipende da un conflitto indiscriminato per il cibo e il denaro, dalla soppressione del debole da parte del forte, dal Libero Commercio, dal Libero Contratto, dalla Libera Competizione, dalla Libertà Naturale, dal Laissez-faire: in breve, dall'abbattere il nostro simile impunemente"
George Bernard Shaw
 
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Introduzione: liberismo e globalizzazione, al di là del bene e del male.

 

« Gesù disse ai suoi Giudei: “La legge era fatta per i servi, amate Dio come io lo amo, come suo figlio! Che importa della morale a noi figli di Dio!”» “Al di là del bene e del male”, Friedrich Wilhelm Nietzsche


Il Trilemma di Rodrik è sicuramente un potente strumento concettuale che modellizza ciò che dovrebbe essere ovvio ad una persona istruita: ovvero che il diffuso benessere sociale che l'effettività della democrazia comporta, è in contrapposizione con la deregolamentazione del movimento dei capitali che il liberoscambismo impone.

Punto.

Non ci sarebbe nulla da aggiungere, oltre che invitare a studiare la storia dell'economia politica: il dogma del laissez-faire non è proprio né dei grandi economisti classici come Adam Smith né, tantomeno, di quelli un po' più “incolti” à la David Ricardo.

Il liberista così come lo conosciamo, è prodotto coscienziale di un marketing legittimamente promosso e lautamente finanziato dalle grandi oligarchie protagoniste dello sviluppo del capitalismo finanziario. Diffonde quindi proseliti che esulano, perlopiù, dalla scienza economica e, quando ciò non si verifica, la Storia li riscontra al di fuori delle prestigiose sale convegni, rigorosamente nella forma di immani catastrofi sociali; queste fallacie previsionali – oltre ad essere propedeutiche a ristrutturazioni sociali efficacissime nei loro effetti malthusiani – hanno l'utile risvolto di screditare la professione economica nel suo insieme, in modo che chiunque – dall'esperto di diritto internazionale della finanza, al prestinaio – possa esprimere la sua democratica opinione su ciò che, non avendo empiricamente i presupposti di scientificità, ha egual diritto di comparire nelle discussioni al bar, o di essere pubblicata nelle colonne di prestigiosi quotidiani economici.

(Non a caso le argomentazioni sono più o meno similmente argute: con una certa maggior raffinatezza tra gli avventori del Bar dello sport, grazie alla miglior predisposizione alla statistica e all'aritmetica, abilità perfezionate tra un bianchino e una Quaterna, e tra un conto della Primiera e un altro bianchino).

Tuttociò è razionale, in quanto i monopoli finanziari possono consolidare rendite, quote e potere di mercato.

Nel virile darwinismo globale tanto amato dai liberisti, “giusto” « è l'utile del più forte ». Il diritto internazionale non è altro che, quindi, assicurarsi che «a ognuno venga restituito il dovuto »: ossia «restituire il bene agli amici e il male ai nemici ».

Va da sé che per lo squalo della finanza – forte nel capitale – e per i moderati – forti nel numero – lo Stato-nazione è Il Male.

Se un'economia di mercato è liberalizzata, è naturale che le divine forze della natura si sfoghino darwinisticamente, edificando un nuovo ordine etico e giuridico: in una società capitalistica, la logica propulsiva è quella del profitto e dell'accumulo, ed è legittimo che solo chi controlla una spropositata concentrazione economica possa comprare leggi, morale e – sputando per terra – creare l'uomo nuovo a propria immagine e somiglianza; pronto a servirlo e ad amarlo. Questo è con tutta evidenza il lavoro di Dio.

Il mercato della morale ha un nuovo soggetto in posizione dominante: il monopolio diventa monoteismo.

 


1 – La fioritura del liberalismo: modernità come reazione al progresso.



« Una terribile moralità », Charles Baudelaire commenta il suo capolavoro, simbolo dell'art pour l’art, cioè del liberalismo in letteratura” [1].

Per quanto sia comprensibile che vivere come superuomini [2] – con “i dollari che scorrono a posto del sangue” – sia un'ebbrezza talmente appagante che non possa essere scambiata con nulla che valga la pena di essere – comparabilmente – vissuto, è altrettanto comprensibile che quella restante componente di ominidi – zerbini sottesi tra la bestia e l'uomo, pericolosamente sporti sull'abisso della rete fognaria – cerchi di organizzarsi per vivere in modo libero e dignitoso.
Nella realtà, come intuito dall'idealista di Stoccarda nell'analizzare la dialettica servo-signore, sarà più facile che il subalterno rinunci ai propri diritti, che il dominante rinunci ai propri privilegi: concetto ben rappresentato in via simbolica da Félicien Rops (1878): [3]
Il signore è il servo del servo, e il servo è il signore del signore [4].
Insomma: sotto il loden niente.
Il sobrio rigore morale della tecnocrazia non è altro che la versione gesuitica della pornocrazia.

 


2 – Il dilemma del lemma nel Trilemma: breve patografia del senso democratico.


« Conviene che la riforma [costituzionale fascista] rispetti quanto è possibile le forme esistenti, rinnovando la sostanza. […] I modi sono infiniti, lo scopo è unico ed è di evadersi dalle ideologie democratiche della sovranità della maggioranza. A questa rimanga l’apparenza, ma vada la sostanza ad una élite, poiché è per il meglio oggettivamente. » 
Vilfredo Pareto


«Voi inorridite perché vogliamo abolire la proprietà privata. Ma nella vostra società attuale la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri; la proprietà privata esiste proprio per il fatto che per nove decimi non esiste. Dunque voi ci rimproverate di voler abolire una proprietà che presuppone come condizione necessaria la privazione della proprietà dell'enorme maggioranza della società. In una parola, voi ci rimproverate di volere abolire la vostra proprietà.
Certo, questo vogliamo.» 
Carlo Marx

«È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese »
 Lelio Basso

A fare brillantemente il re nudo – che Dio ce ne scampi! – con uno di quegli schemini che piacciono tanto ai microliberisti american-style, è stato l'economista di Harvard Dani Rodrik.

Già Amartya Sen, sulla falsa riga del “teorema dell'impossibilità di Arrow”, aveva già dimostrato matematicamente come non fosse possibile realizzare nemmeno teoricamente il dogma del liberalismo classico, che postula indissolubilmente efficienza paretiana del mercato e rispetto delle libertà individuali.
Sen dimostra che nessun sistema sociale può contemporaneamente:

1 – essere votato ad un senso minimo di libertà;
2 – rispettare l'efficienza allocativa così come formulata da Vilfredo Pareto;
3 – essere in grado di funzionare in qualsiasi società.

Era perciò matematico che un processo di mondializzazione strutturato sul dogma dell'efficienza allocativa liberista si traducesse nella barbarie della macelleria sociale e dell'inciviltà. D'altronde così è sempre stato.


 
Il Paradosso di Sen, chiamato anche Liberal paradox, è un “paradosso” solo per colui che non conosce la storia: in definitiva non fa altro che, usando gli strumenti dell'economia neoclassica stessa, utilizzare “raffinate” dimostrazioni matematiche per evidenziare che la “libertà” per i liberali classici è sempre – e solo – quella del mercato. La propria.
Ovvero la struttura che viene imposta con il libero mercato non implica affatto sovrastrutture politiche e giuridiche che possano minimamente essere funzionali a tutelare la libertà dell'individuo. Soprattutto se questi non nasce già schifosamente ricco o non ha come obiettivo totalizzante della propria esistenza fare soldi a palate.

Grazie Amartya, ma lo aveva già detto Carletto Marx quasi due secoli fa, scritto su un best seller:

« [...] l'operaio vive solo allo scopo di accrescere il capitale, e vive solo quel tanto che esige l'interesse della classe dominante. […]
Nella società borghese il capitale è indipendente e personale, mentre l'individuo operante è dipendente e impersonale[5].
E la borghesia chiama abolizione della personalità e della libertà l'abolizione di questo rapporto! E a ragione: infatti, si tratta dell'abolizione della personalità, della indipendenza e della libertà del borghesnon ce lae.
Entro gli attuali rapporti di produzione borghesi per libertà s'intende il libero commercio, la libera compravendita.
[...] Le frasi sul libero traffico, come tutte le altre bravate sulla libertà della nostra borghesia, hanno senso, in genere, soltanto rispetto al traffico vincolato, rispetto al cittadino asservito del medioevo »
La libertà è una merce come tutte le altre, si vende e si compra. Da secoli. 


  


2.1 Dani Rodrik estende il non-paradosso alla globalizzazione, sottolineando che solo due su tre delle seguenti proposizioni possono teoricamente realizzarsi con un certo grado di effettività:

(A) – costruire una profonda integrazione economica;
(B) – lasciare sostanzialmente inalterata la sovranità degli Stati nazionali;
(C) – perseguire politiche democratiche.

Infatti:

1 – (A Λ B) → ⌐C – Un sistema monetario internazionale con cambi fissi tipo gold standard permette di integrare le economie e preservare formalmente le sovranità nazionali, ma, come dimostrato per l'ennesima volta dall'euro, “quote 90” e monete uniche si rivelano strumenti fascisti di repressione.

2 – (B Λ C) → ⌐A – Si rinuncia per l'ennesima volta alla globalizzazione e alla libera circolazione dei capitali, e si torna ai gloriosi anni di Bretton Woods.

3(A Λ C) → ⌐B – Un federalismo globale kantiano – il Fogno! – eliminerebbe gli stati nazionali ma “preserverebbe la democrazia”... Hayek e Madison si stanno ancora sganasciando dalle risate.

 
 
(Tutto ciò è sensato ed è a prova di american-style-minded: quindi? Quindi basta intervistare un trumbè, che ha un cugino che lavora nella prestigiosissima istituzione e che gli ha detto « xxx xx xxx xx [quattro proposizioni sconnesse a caso] », e farlo pubblicare su un organo d'informazione di massa: la risposta a chi ha speso anni e anni di studio per formalizzare l'ovvio è stata data, quindi pari e patta, “la tua parola contro la mia”, l'economia non è una scienza, lo Stato è cattivo anche se lo Stato sei tu, l'austerità è brutta ma espansiva, quindi l'euro è bello... ecc.)

Tralasciamo che i simpatici architetti della globalizzazione auspicano (pardon, stando con Attali, «prevedono») pure una moneta unica alla fine del processo di mondializzazione: siamo avviati in fretta e furia verso un dispotismo tirannico con tutta l'irresponsabilità tipica del mercato monopolistico. Proprio la conclusione a cui è giunto George Orwell recensendo "The Road to Serfdom" di Hayek:

« Il professor Hayek ha anche probabilmente ragione nel dire che in questo paese gli intellettuali hanno un'attitudine mentale più totalitarista rispetto alla gente comune. Ma lui non vede, o non ammette, che un ritorno alla “libera” concorrenza significa per la grande massa di persone una tirannia probabilmente peggiore, perché più irresponsabile, rispetto a quella dello Stato. Il problema con la competizione è che qualcuno la vince. Il professor Hayek nega che il libero capitalismo porti necessariamente al monopolio, ma in pratica è lì che ha condotto, e dal momento che la stragrande maggioranza delle persone preferirebbe di gran lunga una stretta regolamentazione statale ai crolli e alla disoccupazione, la propensione verso il socialismo è destinata a continuare, se l'opinione pubblica ha qualche voce in capitolo. »

 
 

2.1 – Il “Lemma”

La letteratura che esiste sull'inconciliabilità tra laissez-faire e libertà individuale – con “libertà” intesa come qualcosa che non sia l'illimitata possibilità del più forte di « abbattere il proprio simile impunemente » – è sterminata: sorprendentemente pop” a tutti i livelli è invece la cultura democratica, dove per Democrazia sovrana– stando con Calamandrei – si intende quella forma di governo per cui:
 
« […] tutti i cittadini concorrono in misura giuridicamente uguale alla formazione della volontà dello Stato che si manifesta nelle leggi e in cui in misura giuridicamente uguale tutti i cittadini partecipano ai diritti e ai doveri che dalle leggi derivano [...]. D'altra parte, per aversi uno Stato sovrano ed indipendente è necessario che alla formazione della sua volontà concorrano soltanto, attraverso i congegni costituzionali a ciò preposti, le forze politiche interne: Stato democratico sovrano è quello le cui determinazioni dipendono soltanto dalla volontà collettiva del suo popolo, espressa in modo democratico, e non dalla volontà o da forze esterne, che stiano al di sopra del popolo e al di fuori dello Stato. »


Evocativa della cultura democratica al di fuori della tanto deprecata Repubblica Italiana, è la difesa di Rodrik nell'argomentare contro l'attacco portato dall'eurista – ovviamente filosofo morale – Martin Sandbu.

Il lemma “democrazia” nel vocabolario del liberale (filosofo) è un concetto indubbiamente esoterico [6]: secondo Rodrik:
                                 
«le democrazie hanno vari meccanismi per limitare l'autonomia e lo spazio politico dei decisori. Ad ese«le democrazie hanno vari meccanismi per limitare l'autonomia e lo spazio politico dei decisori. Ad esempio, i parlamenti democraticamente eletti spesso delegano il potere a organismi autonomi indipendenti o quasi-indipendenti. Le banche centrali sono spesso indipendenti e ci sono vari altri tipi di pesi e contrappesi nelle democrazie costituzionali. Allo stesso modo, le regole globali possono rendere più facile alle democrazie nazionali il raggiungere gli obiettivi che si prefiggono, anche se queste comportano alcune restrizioni in termini di autonomia. Keohane at al. discutono tre meccanismi specifici: le regole globali possono migliorare la democrazia controbilanciando i sezionalismi, tutelando i diritti delle minoranze, sia migliorando la qualità delle scelte democratiche »

Questo sarebbe vero nelle situazioni “ottimistiche” come, ad esempio,

« il caso in cui il governo affronta un problema di "incoerenza temporale" [la teoria dei giochi!, ndt]. Questo vorrebbe votarsi al libero scambio o al consolidamento fiscale, ma si rende conto che col tempo cederà alle pressioni e devierà da ciò che ex ante è la sua politica ottimale. Così sceglie di legarsi le mani attraverso la disciplina esterna. In questo modo, quando i protezionisti e grandi spendaccioni [big spender] si presentano alla sua porta, il governo dice: "Mi dispiace, l'OMC e il FMI non mi permette di farlo." È meglio per tutti [“paretianamente efficiente”, ndt], tranne che per i lobbisti e gli interessi particolari [tra cui quelli dei lavoratori, titolari della sovranità democratica, ndt]. Questo è un buon caso di delega e di disciplina esterna »




Questo è un professore democratico di Harvard: la più prestigiosa università al mondo con sede nel Paese che proclama di essere modello di democrazia.

Il danno che ha fatto l'economia neoclassica alle scienze sociali, cercando di piegarle a quelle naturali, è pari solo al danno che ha fatto alla democrazia e al sano internazionalismo che questa impone.

Insomma, dopo quasi dieci anni, riscontriamo che il famoso Trilemma sulla globalizzazione è stato formulato da un economista che crede al potenziale benefico della banca centrale indipendente e della disciplina esterna per la democrazia stessa: si pensi al senso democratico dei Pasdaran del mondialismo che lo criticano!

Almeno i nostri despoti e traditori della Patria ci hanno detto chiaro e tondo che il vincolo esterno è necessario per disciplinarci, visto che siamo plebei irresponsabili, non sappiamo governarci, e la democrazia non la meritiamo: meritiamo solo « la durezza del vivere».



3 – Fenomenologia del liberale: coscienza democratica e sua riduzione eidetica (trilemma di Bazaar).


«Tutta l'opera di un artista può servire allo scopo di occultare se stesso»
a proposito di Johann Wolfgang von Goethe, Sigmund Freud


«Tutta l'opera di un liberale può servire allo scopo di occultare se stesso»
 a proposito del liberista, Bazaar

L'occasione che ha avuto Rodrik di asfaltare pubblicamente Sandbu sul Financial Times, evidenziandone – magari – la preoccupante assenza di quelle minime risorse culturali che permettono di parlare con cognita causa di “democrazia”, è stata parzialmente sprecata, come costernati constatiamo, da un certo deficit di cultura democratica che sapevamo già essere insito nei principi fondanti della Costituzione statunitense.

Ad un esame approfondito ci potremmo rendere conto anche delle distanze siderali che pare ci siano state tra la cultura democratica dei nostri maggiori padri costituenti e quella di chi ha prodotto (è il caso evidente della Spagna laddove si faccia un'analisi comparata della struttura di tale Costituzione con quella italiana, ndQ.) le Carte anche più moderne [7].

Cercando nei Paesi dell'Unione Europea non troveremmo granché di meglio: anche se per motivi storici diversi, Francia e Germania non sono dotate di una costituzione economica che imponga inderogabilmente un modello di azione di governo di matrice keynesiana, risolvendo il conflitto sociale tramite lo Stato sociale. Né, tantomeno, sono dotate di un “art.11 Cost.” che permetterebbe di “far fronte comune” in caso si dovesse negoziare livello internazionale per la risoluzione dei Trattati liberoscambisti.





Meglio delle prime costituzioni rigide o di quelle più moderne di stampo ordoliberale, è – a questo punto – il modello degli inglesi, che sono privi di una costituzione scritta e hanno maggiori margini di discrezionalità (il che è attestato dalla profondità riformatrice che potè assumente il Rapporto Beveridge, con un'attitudine che è sempre riespandibile, ndQ.).
Notevole è la conclusione di Beveridge, riportata da Villari:  

“L’abolizione del bisogno non può essere imposta né regalata ad una democrazia, la quale deve sapersela guadagnare avendo fede, coraggio e sentimento di unità nazionale”.



Se una costituzione rigida ha – come nel caso eclatante di quella americana – lo scopo effettivo di proteggere gli interessi delle oligarchie dalle pretese democratiche dei lavoratori, tanto meglio per le classi subalterne non aver vincoli fondamentali che, in ultimo, tutelano gli interessi delle facoltose minoranze.

Questo ci porta realisticamente a rivalutare al ribasso le effettive possibilità di una riaffermazione delle democrazie sociali in Europa.

E, al contempo, considerando che questi sono incredibilmente gli unici spazi in cui si ha la possibilità di acquisire effettiva consapevolezza democratica in Italia, ci troviamo di fronte – con un senso di orgoglioso sbigottimento – ad una grande responsabilità.

Ad ora ci si limiterà ad illustrare l'ipotesi per cui la genesi del “batterio pop” – che trasforma qualsiasi argomentazione fondamentale sull'ordine sociale, in un vociare ubriaco da Bar dello Sport – sta nel liberalismo stesso.

Per dimostrarlo, si propone il seguente trilemma, che illustra come l' homo politicus non possa essere al contempo:

(A) – Democratico;
(B) – Liberale;
(C) – Statista [8].

( (A Λ B) → ⌐C ) Λ ( (A Λ B) → ⌐C ) Λ ( (A Λ C) → ⌐B )

Chi comincia ad avere un po' più chiari i principi di analisi economica istituzionalista, depurati intenzionalmente dai retaggi ideologici tramite un approccio epistemologico multidisciplinare – ovvero sgomberando in primis tutte quelle sovrastrutture “pop” che non sono altro che falsa coscienza – può cimentarsi nel tentativo di falsificare questo trilemma con degli esempi storici.

(Inizierei con Keynes e Calamandrei, tenendo bene in mente l'evoluzione del loro pensiero)



4- Conclusioni. Modernità, mondialismo liberale e narcosi atonale: “la fine della storia” come eterna adolescenza.



« ...studiando la struttura tonale imparai a leggere meglio gli spartiti. […] Di qui mi nacque anche un odio per la musica moderna e per tutto quello che non è musica classica. »
« ...l'uso frequente di frasi fatte testimonia infatti una mente incapace di creare qualcosa. […] Una trascuratezza di stile è molto più perdonabile di un'idea confusa. […]
La gioventù, cui mancano ancora pensieri propri, cerca di nascondere il suo vuoto mentale dietro uno stile mutevole e luccicante. Non è in ciò la poesia simile alla musica moderna? Allo stesso modo essa diverrà presto la poesia dell'avvenire. Si parlerà con le immagini più strane; si maschereranno pensieri confusi con argomentazioni oscure ma dal suono elevato, in breve si scriveranno opere nello stile di Faust (seconda parte), solo che mancheranno le idee di quella tragedia. Dixi!!!! » Friedrich Wilhelm Nietzsche, 1858, “Come si diventa ciò che si è”





[1] Cit. Michael Hamburger
[2] Un Nietzsche ancora poco più che fanciullo argomentava che «...anche Napoleone era infatti come un'aquila di carta. Se si toglieva la luce che lo illuminava da dietro, anche lui era solo un povero pezzo di carta che finiva relegato in un angolo! », 1858, “Come si diventa ciò che si é”
[3] Notare le arti che vengono calpestate: liberalismo come “trionfo della banalità e della cazzata”.
[4] Un cappello a cilindro sul porcellino potrebbe contribuire ad attualizzarne la potenza espressiva: notare la cultura, rappresentata dalle arti che vengono calpestate dalla élite pornocratica.
[5] Risorsa umana, o come si dice in Goldman Sachs, « capitale umano ».
[6] Dal “Vocabolario del buon liberale”: « Democrazia: forma di governo che rende impossibile la realizzazione di se stessa »
[7] Cfr. l'art.40 Cost. spagnola, per collocazione e formulazione, con la chiarezza e la collocazione degli artt.3 cpv, 4 e 36 Cost.italiana.
[8] Statista nell'effettività dell'accezione di: “abile nella prassi politica in quanto consapevole teoreticamente dell'essenza tanto della politica democratica, quanto di quella liberale”.