uno dei due è l'altro

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martedì 29 novembre 2016

La Macchina Celibe di Brian Eno e David Byrne: My Life in the Bush of Ghosts

Augusto Q. Bruni


Duchamp davanti al Grande Vetro


Non so a voi, ma a me in generale i comici veneti hanno sempre fatto molto ridere. C’è sempre un pretino apparentemente ingenuo e innocente dentro di loro. Oppure un politico di provincia pronto a vendersi altro che la mamma per gli schei. Anni fa ne ho visto in azione uno, poi diventato un attore serio e piuttosto bravo, al secolo Bobo Citran, che aveva inventato una gag assolutamente geniale. Magro e allampanato com’era, riusciva in qualche modo a far credere di essere diventato Michael Jackson in calzamaglia nera modello Diabolik

Ed eccolo che, appostato dietro le finestre di Al Bano in quel di Cellino San Marco, ascoltava col fiato sospeso il nostrano autore nazional-popolare arrabattarsi con le prime battute di quel brano che sarebbe diventato poi I Cigni di Balaka; Al Bano mugolava e si contorceva in preda a quello che potremmo chiamare spasmo creativo e alla fine veniva fuori la composizione che naturalmente tutti conosciamo... ovvero Will you be there, opportunamente canticchiata dal ladro-Jackson che si allontanava felicissimo del furto così abilmente perpetrato.

Ora, tanto per frenare il vostro istinto alla polemica partigiana dalla parte dell’uno o dell’altro, dirò subito che di tale polemica non so cosa farmene. Se una volta tanto si parlasse di musica senza paraocchi (specie quelli legali) potremmo scoprire che tutta la musica pop che esce oramai da qualunque fonte di comunicazione, è di una povertà musicale sconcertante.




La ragione è semplice, e sta nel fatto che essa si muove entro i confini angusti di un numero limitato di armonie, scale e armonizzazioni. Non solo si taglia fuori l’intero universo musicale che comincia dai quarti di tono in avanti, ma si tagliano fuori tutte le soluzioni armoniche che appartengono al blues, tanto per dirne una, e a tutti gli universi extra europei (per carità, non è roba nostra!).

Ricordo sempre con grande affetto la meritoria opera di decostruzione dei brani di Sanremo operata nella trasmissione post festival serale da parte di Elio e compagni. Per chi se la ricorda, quella trasmissione era assolutamente eversiva: mostrava, al di là di qualunque obiezione, che almeno tre quarti dei brani in lizza pescavano dentro le romanze dell’opera e dell’operetta ottocentesca, e che bastavano alcuni trucchi anche banali (come suonare il ritornello al contrario) e qualche sagace operazione di taglia-cuci-incolla per confezionare un brano ‘nuovo.

Alla fine l’equazione è semplice: universo musicale limitato uguale possibilità di sovrapposizione altissime, laddove per sovrapposizione intendo tutti i casi di incontro/sovrapposizione di brani, che questo avvenga in modo doloso o invece (e sono i più) in modo assolutamente involontario. Da quando è nata la musica pop questa è una costante, e non è possibile che avvenga altrimenti. Il pop implode su se stesso.All’interno del pop, sia ben chiaro, includo anche tutta quella enorme fetta di musica rock che ha completamente abbandonato le proprie radici blues, e che pesca altrettanto indiscriminatamente dovunque gli capiti di trovare una qualche idea, basta che non disturbi le orecchie degli ascoltatori. Il limite della decenza sta nel remake dichiarato apertamente: succede a Gwen Stefani che canta la versione pop e femminile di If I Were a Rich Man, l’aria di Tewye il lattaio dal musical ebraico Il violinista sul tetto (The fiddler on the roof)diventata ovviamente If I Were a Rich Girl; succede nel mondo del cinema dove i tempi del remake si sono accorciati e si viaggia intorno ai 10/15 anni. In entrambi i casi siamo di fronte a un fenomeno evidente di asfissia: in mancanza di idee originali si cerca di fare meglio ciò che è già stato fatto, con una nuova veste piena di trucchi digitalizzati, dal suono all’effetto speciale.

L’altro lato della medaglia è invece la crescente disponibilità di informazioni musicali e non musicali messe a disposizione della civiltà occidentale a opera da un lato dei crescenti flussi migratori Sud-Nord del mondo, dall’altro dall’esplosione del fenomeno radiofonico su onde corte in tutto quello che una volta si chiamava Terzo Mondo. Sotto questo aspetto sono le colonie a invadere, stavolta, i colonizzatori.




In Italia non abbiamo avuto coscienza di questo fenomeno sino a pochi anni fa, mentre basta andare a guardare con attenzione come circolava la musica nel mondo di lingua inglese già alla fine degli anni ‘60 per capire quanto fosse sconvolgente il vento musicale che spirava dal Sud del mondo: nel film Quadrophenia di Frank Roddam (1979), nato dall’omonimo album del ‘73 degli Who, si parlava filologicamente dell’Inghilterra proletaria della metà degli anni ‘60, e in una scena ambientata in un quartieraccio di giamaicani usciva, dalle finestre del primo piano, la musica di Bob Marley. Quella stessa che sarebbe diventata popolarissima in Italia ma solo nella prima metà degli anni ‘80. 

Girare per l’etere, così come girare per l’Europa, a inizio degli anni ‘80, portava chiunque avesse orecchie aperte a incontrarsi con centinaia di materiali musicali sorprendenti e stimolanti. Ma, e questo è il punto, se non ci fosse stata alla base una ricerca etnomusicologica consapevole, l’ascoltatore casuale si sarebbe trovato di fronte a materiale altrettanto casuale, un po’ come gli objets trouvés di Marcel Duchamp, che utilizzava per la sua arte oggetti normalmente non considerati materiali artistici, spesso modificati e decontestualizzati e ricontestualizzati.

Di fatto questo è quello che è successo a diversi musicisti occidentali, tra i quali un pioniere è stato sicuramente Holger Czukay, che alla fine degli anni ‘70 aveva rinunciato a suonare il basso proprio nei Can e aveva intrapreso una sua strada solista. Nei suoi nuovi percorsi sul palco utilizzava radio a onde corte, dittafoni e materiali ‘impropri’ per giocare ai found sounds, ai ‘suoni trovati’ per caso, e senza troppa timidezza ha affermato anni dopo (e a buon titolo) di essere stato lui l’inventore del sampling, ovvero il campionamento dei suoni, con il brano Boat Women Song dal leggendario e seminale album Canaxis, del 1968 (!), composto con Rolf Dammers.

In questo caso si tratta di un brano di ben 17:28, in cui le tastiere sono dei due tedeschi mentre le voci sono attribuite a “due cantanti tradizionali sconosciute dal Vietnam”. Appropriazione    di materiale apparentemente trovato per caso. Lo stesso avviene coi suoni, nuovi e inediti. Un altro membro dei Can, il chitarrista Michael Karoli, cominciò a usare un suono di chitarra piuttosto pulito e inedito in Occidente, almeno per chi non avesse mai ascoltato musica africana moderna.

Fatto è che la moglie di Karoli, Shirley, era per metà keniana ed egli stesso aveva trascorso un bel po‘ di tempo in Kenya apprendendo il suono pulito della chitarra africana. Ma questo suono – e lo stile che ne era nato – aveva avuto origine in Congo, quando i colonialisti belgi avevano vietato l’uso dello strumento chiamato M’bira (definito anche Sansa o Kalimba) perché era stato usato per accompagnare le canzoni che protestavano contro il dominio coloniale. Naturalmente i musicisti avevano subito trovato altri mezzi per continuare a suonare quello che volevano, e uno di questi era la chitarra non distorta, che riusciva in qualche modo a riprodurre suono e stile della M’bira... le onde sonore non si riescono a fermare, sono come i virus trasportati dagli uccelli migratori.





Ora, per continuare con il paragone, se questi virus musicali avessero determinato delle mutazioni negli organismi colpiti, nulla quaestio. Saremmo di fronte a un fenomeno naturale e in qualche maniera inevitabile, e talvolta anche estremamente positivo perché determinerebbe un arricchimento della biodiversità in campo musicale. Di fatto però le cose non sono andate esattamente così, specie se andiamo a esaminare l’album più significativo di tutti i maledetti anni ‘80, che forma l’oggetto di questo articolo.

Già nel suo titolo, copiato impunemente da quello di un romanzo del premio Nobel nigeriano Amos Tutuola (non mi risulta che qualcuno abbia protestato per l’appropriazione), l’album My Life in the Bush of Ghosts mostra in pieno l’attitudine all’utilizzo artistico degli objets trouvés in campo musicale. In altri termini la mia tesi è questa: David Byrne e Brian Eno hanno costruito tutti i brani di questo album come altrettante macchine celibi. E le emozioni che scaturiscono dai brani stessi non hanno alcuna reale connessione con i significati veicolati da tutte le sorgenti sonore campionate. 

Si prendano a esempio alcune tracce che a me, personalmente, suonano come satire, per nulla velate: lo slogan patriottico e abbastanza militarista America Is Waiting suona come il manifesto negativo proprio del patriottismo e del militarismo – anche se ironicamente provvisto di una fantastica sezione ritmica, una pista da ballo per sciamani. Il trucco di Help Me Somebody è quello di trasformare un predicatore evangelico e radicale bianco nella sua nemesi, un cantante nero di rhythm and blues. The Jezebel Spirit, che ha di nuovo come protagonista un predicatore evangelista folle, oggigiorno è assimilabile a una delle tante telefonate fatte per gioco a un utente inconsapevole in una qualsiasi trasmissione radio o televisiva.

Di fatto, prima di trovare un significato profondo ai suoni e alle voci campionate, avremmo bisogno di ricontestualizzarle, rimetterle cioè dentro il contesto socio-culturale da cui esse provengono. Nel modo in cui ci vengono proposte, invece, ci spiazzano sempre e comunque e – per somma ironia – esse sono dentro un contenitore che non è tale: di fatto nessuno dei brani è una vera e propria canzone. Avendole estratte dal proprio contesto (una tipica operazione postmoderna e situazionista), discorsi e parole anonime possono avere nuova vita come un metatesto ante litteram, e contemporaneamente rimandano alla loro esistenza come frammenti sonori sparsi nell’etere, destinati ad avere mille possibili esistenze in relazione alle mille possibili orecchie che li captano nel loro flottare infinito.

Tutti gli anni ‘80 sono stati governati da molte paure, alcune esplicite altre più nascoste. Una di queste è stata la possibile perdita di senso della propria cultura, una volta messa in marcia l’esplosione della comunicazione che sarebbe definitivamente deflagrata all’alba della nascita di Internet dieci anni dopo. Sotto sotto potete vedere tutto l’album come una sorta di esorcismo al contrario, cioè come una dichiarazione di apertura e non di chiusura verso mille mondi possibili. 





Oggigiorno non esiste quasi più l’ignoto geografico e per certi versi anche quello etnografico ed etno-musicologico. E ci siamo via via venuti abituando a ogni tipo di appropriazione etnografica completamente decontestualizzata: un buon esempio sono i tatuaggi ‘tribali’ che ricoprono l’epidermide di decine di migliaia di occidentali, completamente slegati da ogni realtà religiosa spirituale e culturale originaria per divenire puro segno grafico ‘esotico’

Un quarto di secolo fa, con un pianeta più piccolo e arroccato sulle proprie identità, con gli scudi spaziali pronti a ripararci, un’azione come quella di questo album si ricopriva di valenze enormi. L’ignoto è portato in casa, e il vostro piatto musicale di oggi può prevedere – anche se lo ascoltate dal vostro tinello di Cinisello Balsamo – un sermone country della Louisiana in salsa da savana nella già citata Help Me Somebody, un gruppo gospel delle stesse zone con Moonlight in Glory, che vira verso una sorta di cajun mutante, in parallelo alle spinte da brivido di qualche voodoo palustre di Come with Us

Chiediamoci: dov’è il significato profondo del canto libanese del nord di Dunya Yusin – in Regiment, marcia ipnotica da quasi zombi mediorientale sparato nello spazio –; dov’è quello dell’altrettanto sbalorditiva sospensione oltre lo spazio e il tempo che è The Carrier, e infine dove il senso nella melopea egiziana di Samira Tawfik, perso tra le dune infinite di A Secret Life

Distinguiamo ancora un politico incalzato e messo al muro nel rimbalzare frenetico di domande, punteggiato da una cascata di percussioni, nella lugubre Mea Culpa, ma qual è il senso di tale espressione linguistica se non possiamo vedere il contesto televisivo in cui il dialogo si manifesta?

Sorge dunque legittimamente il sospetto che l’ingenuità da serendipity talvolta sbandierata da Eno e Byrne abbia invece dietro uno studio consapevole e lucidissimo sul dove e il quando. E lo zoccolo duro dell’operazione, che abbatte di colpo qualunque problematica di copyright (la linea melodica dei brani non è tale da costituire una canzone), viene invece da individuarlo in ciò che non fu possibile portare subito a compimento, cioè la naturale evoluzione dell’album Remain in Light dei Talking Heads (1), uno degli snodi fondamentali dell’evoluzione sonora del rock in tutta la sua esistenza.




Già in questo album un orecchio attento poteva cogliere immediatamente un’operazione di stratificazione ritmica di marca africana con le sonorità più nuove dell’elettronica, mescolate al chitarrismo ipnotico africano di musicisti come King Sunny Adé: il tutto frullato debitamente in salsa funk. Come osserva giustamente Scaruffi

“[...] c’è molto più che una semplice revisione di Remain in Light. Mentre [questo] era ancora intrattenimento, Bush of Ghosts è filosofia. Questo non è un album di musica, è una tesi universitaria sul ritmo. Il crescendo minimalista di Jezebel Spirit compendia In C di Terry Riley e Music for Mallet Instruments di Steve Reich. Attraverso reiterati riffs sincopati e libere percussioni poliritmiche in un fitto mix di eventi sonici, America Is Waiting decostruisce l’edonismo funk. In Mea Culpa, un fuoco di fila di mantra e un delirio di percussioni africane mantengono la chitarra distante e irreale. Help Me Somebody stende un sermone gospel su di un funk tribale ed effetti da giungla. Il campionamento vocale è modulato e ripetuto per far scaturire una qualità musicale dalla dizione enfatica. Allo stesso tempo, quella di Eno e di Byrne è una musica di destabilizzazione: i suoni ordinari perdono il loro significato e hanno bisogno di trovare nuovi ruoli. La musica del ‘quarto mondo’ di Jon Hassell sprizza fuori da tutti i pezzi, ma mai così apertamente come in A Secret Life, dove la sua sognante ed evocativa tromba viene rimpiazzata da una voce campionata. Byrne e Eno s’avventurano persino oltre le loro premesse con Come with Usun pastiche astratto di battiti, distorsioni e riverberi, e con Mountain of Needles, la funerea conclusione dell’album” (2).

La riedizione dell’album nel marzo 2006 ha portato con sé alcune novità. La prima è nel numero di brani aggiunti, che non si distaccano dai precedenti per novità sonore o linguistiche. La seconda e più importante è il fatto che l’etichetta Nonesuch ha lanciato un sito internet destinato alla pratica ormai affermata del ‘remix’: http://www.bush-of-ghosts.com/ dove chiunque può scaricare versioni multi-traccia di due canzoni dell’album, caricarle in un programma di editing qualsivoglia e farne, letteralmente, ciò che più gli aggrada sotto licenza Creative Commons




All’apparenza potrebbe sembrare l’ennesimo sito per aspiranti remixer, una categoria oramai inflazionata (l’ha fatto anche Bjork, e il suo tablista Talvin Singh vi mette a disposizione alcuni dei suoi molteplici tala da remixare). Ma potrei sbagliarmi; non ho provato a presentare il mio mash-up di Qu’ran e – mettiamo – Piemontesina Bella. Ciò che conta è che sia stata messa una bella pietra da fondamenta per le licenze Creative Commons, Web 2.0 e nuove uscite discografiche.

Consegnando le loro multi-traccia, Byrne e Eno fanno anche un potente riconoscimento del limite intrinseco che ebbe e ancora ha l’album in oggetto. È un fatto essenziale ma reale del nostro tempo che il campionamento sia un’arma a doppio taglio. Negli anni ‘80 ci furono polemiche velenose e terzomondiste che diffamarono Byrne e Eno, facendone né più né meno dei bianchi colonialisti che si appropriavano delle culture del Terzo Mondo senza mettere fuori una lira. Ora il mondo può restituire il favore: chiunque può strappare brandelli di questo lavoro e utilizzarli in qualsiasi modo a suo piacimento, e si può scommettere che se un ragazzino nel Terzo Mondo invia un remix micidiale per un blogger furbo, questi lo farà viaggiare più velocemente e più efficacemente di questa ristampa 2006 patinata. 

Byrne e Eno contavano su una certa quantità di serendipity nella loro operazione; oggi, possono testimoniare la serendipità di ciò che accade al ritmo assassino delle loro tracce, sia quelle che hanno regalato sia quelle di cui comunque la gente vorrà appropriarsi. E il messaggio più forte che potevano inviare non è solo che hanno ceduto il controllo sul loro materiale, ma che ammettono già di averlo perso, che lo vogliano o no.
 










sabato 26 novembre 2016

Anima assente

Federico García Lorca




  


Non ti conosce il toro né il fico,

né cavalli né formiche di casa tua.

Non ti conosce il bambino né la sera

perché tu sei morto per sempre.



Non ti conosce il dorso della pietra,

né il raso nero dove ti distruggi.

Non ti conosce il tuo ricordo muto

perché tu sei morto per sempre.



Verrà l’autunno con chiocciole,

uva di nebbia e monti asserragliati,

ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi

perché tu sei morto per sempre.



Perché tu sei morto per sempre,

come tutti i morti della Terra,

come tutti i morti che si dimenticano

in un mucchio di cani estinti.



Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.

Canto per il futuro il tuo profilo e la tua grazia.

La maturità eccelsa della tua intelligenza.

La tua brama di morte e il sapore della sua bocca.

La tristezza che ebbe la tua gagliarda allegria.



Tarderà molto tempo a nascere, se nasce,

un andaluso così puro, così ricco d’avventura.

Canto la sua eleganza con parole che gemono,

e ricordo una brezza triste tra gli ulivi.




sabato 19 novembre 2016

LA SCONFITTA DELLA CLINTON, LA VITTORIA DI TRUMP. UN’ANALISI PROGRESSISTA

Will Denayer, 12 Novembre 2016






Da Flassbeck Economics una bellissima analisi progressista del risultato elettorale USA. Mentre l’establishment del partito democratico si affanna a scaricare sulla popolazione la colpa del fallimento e a ribadire la propria superiorità morale, l’autore ne denuncia l’ipocrisia e il ferale ruolo nel giustificare ideologicamente le infamie del liberismo. La vittoria di Trump è una grande sconfitta, ma è il primo passo verso il rifiuto delle attuale politiche bipartisan pro-élite, che vanno sostituite con vere politiche sociali e keynesiane.*





  
Introduzione

Secondo la disgustosa superiorità morale degli opinionisti più accreditati (una professione che dovrebbe essere vista con sospetto in ogni società aperta – non si tratta di giornalisti in alcun senso del termine) la vittoria di Trump è dovuta ai razzisti, ai bigotti, ai misogini, agli stupidi, agli hacker russi, all’FBI, a Wikileaks, a Jill Stein, eccetera. I liberali, di fronte all’indicibile stupidità delle masse, scuotono per lo sconcerto le loro incredule teste. L’unica cosa che non vogliono mettere in discussione è la loro incapacità di riflessione, la loro mancanza di empatia, la loro stessa ipocrisia. Se i liberali non avessero voluto che la bestia vincesse, non l’avrebbero dovuta creare. Se questa elezione vi mortifica è perché non vi siete scandalizzati abbastanza per ciò che l’ha preceduta.

Sembra che io non sia l’unico a considerare la Clinton una mina vagante e una pazza pericolosa. Secondo John Steppling, i potenti d’America la vedevano allo stesso modo e l’hanno lasciata affondare (leggete qui). Suona abbastanza incredibile, finché non ci pensate su. Molto è stato detto riguardo la lettera del direttore dell’FBI, Comey, due settimane prima delle elezioni, ma fu il Wall Street Journal a rivelare i comportamenti fraudolenti e corrotti della Clinton. Steppling scrive che l’establishment finanziario si è diviso sulla Clinton e che c’è stata un’ulteriore divisione tra i Capi di stato maggiore e il Pentagono dove, viene riferito, molti non erano d’accordo con i sogni della Clinton riguardo una no-fly zone in Siria. 

C’era una seria preoccupazione tra i militari che la mancanza di giudizio della Clinton sulla guerra fosse decisamente pericolosa. In altre parole, scrive Steppling, si era creata in ogni settore della struttura politica una crescente paura che la Clinton fosse la vera mina vagante in queste elezioni (leggete qui). Repellente per natura e fuori controllo riguardo la guerra: sono stati il Wall Street Journal, il Pentagono e i Capi di Stato maggiore che alla fine hanno affondato la Clinton. L’idea del suo dito sul bottone nucleare era insopportabile (leggete qui). Il futuro ci dirà se ci saranno altre conferme in questo senso. Io, per quel che vale, non ne sarei affatto sorpreso.



Le ragioni per cui la Clinton ha perso le elezioni sono: Hillary Clinton, la corruzione del Comitato Nazionale Democratico e, soprattutto, il neo liberalismo e il neo conservatorismo di un establishment del Partito Democratico marcio fino al midollo. La Clinton non aveva programmi che non fossero una continuazione degli attuali, e ancora più guerre. Ma l’America non ne può più dello status quo e, sebbene questo possa essere difficile o impossibile da capire per i liberali, l’elettorato americano non vuole rischiare una guerra con la Russia (leggete anche qui).


Neo liberalismo, neo conservatorismo e globalizzazione in carne e ossa

Trump ha vinto nella fascia della ruggine dell’Est, nel Michigan, in Wisconsin, in Ohio e in Pennsylvania. Questi stati una volta erano stabilmente democratici. Oggi tre di essi hanno un governatore repubblicano. La Pennsylvania ne ha avuto uno in passato. La Pennsylvania è stata, ironicamente ma non senza arguzia, descritta come Filadelfia all’est, Pittsburgh all’ovest e l’Alabama nel mezzo. Io ci ho vissuto. Non è più il primo mondo. E’ un cinematografico e spesso surreale paesaggio di piccole città in cui nulla è rimasto se non fabbriche vuote, infrastrutture lasciate ad arrugginire da trenta e più anni, persone impoverite, disperate, intorpidite o mezze matte per i tranquillanti, le droghe o l’alcol. 

Molti non hanno i mezzi per dare la colazione ai bambini, che vanno a scuola affamati, “se” vanno a scuola. Per molti la scelta è tra mangiare e pagare l’affitto. Dimenticatevi la sanità. Tutto questo in uno Stato che fu l’epitome del sogno americano: pieno di posti piacevoli e ameni, con un’enorme infrastruttura industriale, piena occupazione, buoni salari, sindacati forti, gente che lavorava duro, istruzione a portata di mano, mobilità sociale. Salvo qualche centro urbano, qualche sobborgo nelle aree suburbane, qualche comunità isolata, la Pennsylvania è il neoliberalismo in carne e ossa, un mondo in rovina, un puzzolente cimitero umano ed ecologico, qualche prigione qui e là, e il fracking ovunque. Tutto questo e gli oscenamente ricchi nelle loro tenute e sui loro yacht della Costa occidentale che hanno mostrato il dito medio alla gente negli ultimi 30 anni (leggete qui).





Come ha chiesto Glen Greenwald:
“Perché mai si dovrebbe pensare che una candidata che è la personificazione dell’Establishment del Potere Globalizzato, che letteralmente affoga personalmente e politicamente nel denaro di Wall Street, dovesse avere un “appeal” elettorale?” (leggete qui e qui – è sempre stato chiaro che parte dei sostenitori di Sanders non avrebbe mai votato per la Clinton).

Già, perché? Trump in Pennsylvania ha detto che il sostegno dei Clinton al NAFTA ha aiutato a distruggere gli stati industriali dell’alto midwest. Su questo non c’è alcun dubbio. La Clinton ha sostenuto il TTP e altri “accordi commerciali” che sconvolgeranno ancora di più le vite della gente. Il presidente Obama spenderà i suoi ultimi giorni di mandato per spingere il TTP (leggete qui).

Trump invece lo ha capito subito. A Detroit ha minacciato la Ford che se fossero andati avanti con il loro piano di dismissioni e di trasferimenti verso il Messico, avrebbe sbattuto in faccia una tariffa doganale del 35% su ogni auto prodotta in Messico ed esportata negli Stati Uniti. A Pittsburgh, Trump ha chiesto alla Apple di produrre i suoi I-Phone negli Stati Uniti invece che in Cina. Che cosa è successo? Che la maggioranza degli iscritti ai sindacati e delle loro famiglie in questi quattro stati ha votato per Trump. La gente ne ha abbastanza e se il sistema è così truccato che la scelta deve essere tra Clinton e Trump, loro sceglieranno Trump. 

I democratici hanno creduto alle loro stesse bugie, hanno nutrito le loro stesse illusioni: “per ogni operaio democratico che noi perdiamo nella Pennsylvania occidentale, conquistiamo due o tre repubblicani moderati nei sobborghi di Filadelfia” diceva Schumer, uno stratega democratico, a luglio. Un altro stratega, Terry, twittava “ Voglio dire a voi sostenitori di Bernie che non appoggerete Hillary alle presidenziali: non abbiamo bisogno di voi. Dico davvero. Credetemi: non ne abbiamo bisogno”.



Oggi i democratici e i loro stenografi, gli apologisti del disordine globale neoliberista (ossia: il Guardian) stanno sputando fuori la favola della ”supremazia bianca” della Pennsylvania. Ma questa elezione non riflette la questione della razza. Non è il risultato di un razzismo che, a sentir loro, è salito a livelli mai visti negli ultimi anni. Questo non significa che questa patologia non esista. Naturalmente esiste, e siccome qualcuno deve essere il capro espiatorio, perché non i neri e i poveri? 

Tuttavia non c’è una ragione per credere – e lo provano gli alti livelli di approvazione di Obama che sono inconciliabili con la descrizione degli Stati Uniti come una nazione intossicata dal razzismo – che l’America fosse meno razzista nel 2008 o nel 2012. La maggior parte degli elettori di Trump sono bianchi, come la maggior parte degli elettori di colore ha sostenuto Obama. Questo prova una divisione razziale, non il razzismo. Come ha scritto Cohn sul New York Times “La Clinton ha subito le sue sconfitte più pesanti nei luoghi dove Obama era andato meglio tra l’elettorato bianco. Non è una semplice storia di razzismo” (vedete qui).
Ovvio che non è una semplice storia di razzismo. La vittoria di Trump è un colpo di coda contro la globalizzazione. E’ certamente una rivolta contro l’ordine liberale. Non sto dicendo che gli elettori di Trump abbiano capito tutto e che il razzismo non c’entri nulla, certamente c’entra, c’entra sempre. Nessuno ha capito tutto. Ma gli elettori di Trump hanno capito molto bene che le istituzioni li hanno abbandonati, che molti di loro sono finiti in gravi difficoltà e che i liberali non hanno fatto nient’altro che marginalizzarli e insultarli – questo è lampante. 

Certo, la vittoria di Trump è in un certo senso una ritirata nella misoginia e in un brutto razzismo. Certamente Trump ha detto cose indecenti e inaccettabili. Per questo i liberali lo chiamano fascista. Ma non hanno mai chiamato Obama in nessun modo, nonostante Obama abbia deportato milioni di persone. Obama non ha mai fatto una sola cosa, assolutamente e letteralmente una, per fermare le scandalose uccisioni della polizia. Obama ha bombardato sette paesi durante il suo mandato senza l’approvazione del Congresso (sulla base dei decreti Bush del 2001). 

Dov’erano i manifesti “Non è il mio presidente” quando Obama decideva di iniziare una guerra? Certo, tutto questo è assolutamente banale, ma è estremamente rilevante perché anche Obama è da incolpare, la grande speranza nera che ha passato otto anni a dimostrare quanto fosse legato all’ortodossia liberale in politica interna e all’agenda neocon in politica estera (leggete qui).



Mentre i liberali osannano Obama, è chiaro a chiunque non sia pagato per non vedere che dopo otto anni niente è migliorato per la popolazione nel suo complesso – il popolo dei lavoratori, molti dei quali non lavorano a meno che voi crediate alle statistiche ufficiali – e che molte cose vanno molto peggio. Questa è la nazione più ricca della terra, ma metà di essa vive vicino o sotto il livello di povertà. Andate a dire in Pennsylvania – che non è il caso peggiore di gran lunga – che Obama ha fatto un buon lavoro. Andate a dimostrare la vostra disconnessione dalla realtà.

Come scrive giustamente Jonathan Cook, Obama ha salvato un sistema completamente corrotto e criminale col risultato che una sottile, e già pornograficamente ricca, élite è diventata più ricca. Questi plutocrati riciclano vaste somme ai lobbisti per comprarsi gli accessi e i controlli che rendono irrilevante la voce degli americani qualunque. Non è certo una questione di opinioni, esiste una solida letteratura scientifica a riguardo. 

La guerra al terrore di Obama ha fatto in modo che ogni giorno fosse un giorno di paga per l’industria delle armi – come dice Cook, sganciando bombe indifferentemente sui jihadisti e sui civili, mentre riforniva gli stessi jihadisti di armi per poter uccidere più civili, in interminabili guerre senza fine (leggete qui). Se qualcuno si chiede perché tutto questo sia successo, si tratta sicuramente di un “estremista” di sinistra o un “idiota” di Trump.

Il Comitato Nazioale Democratico e l’establishment democratico sono stati così stupidi da lasciare che la Clinton declamansse la sua priorità assoluta, una no-fly zone in Siria. I lavoratori soffrivano di precarietà, disoccupazione, salari calanti, perdita dell’abitazione, dipendenze da sostanze, senza avere protezione o aiuto da parte del governo da trent’anni ormai. A questa gente non frega niente di una no-fly zone in Siria. Che cosa voleva inoltre la buona vecchia Hillary, la grande speranza liberale? La privatizzazione della sicurezza sociale (leggete qui). E’ davvero un mondo strano, insieme sorprendente e terrificante.





L’attacco al liberalismo

E’ evidente che né il partito Repubblicano né i Democratici servono gli interessi della popolazione. Da un punto di vista progressista, prima ci liberiamo della illusione che i democratici siano in qualche modo “migliori”, più socialdemocratici, più keynesiani, meglio sarà. Ma non leggerete questo sul Guardian ( e figuratevi su Repubblica n.d.t). Voi leggerete di “ una crisi senza precedenti del sistema politico” “del sorgere del fascismo” della “rivolta degli incompetenti” e del partito Democratico come la personificazione della ragione e della civiltà. 

Nessuno è più bravo nel nutrire queste illusioni dello stesso Obama – bei discorsi, una impressione di decoro umano, liberalismo, valori progressivi, diritti civili, eguaglianza, crescita, lavoro, sanità sostenibile, progresso, comunità, democrazia per il mondo, libertà, globalizzazione, risposta al cambiamento climatico (leggete qui).

Questo è il disco rotto di un sistema completamente corrotto e criminale. Oggi , gli ideologi stanno scrivendo la loro spazzatura condiscendente sugli “idioti” di Trump con la tipica arroganza liberale dei (relativamente!) meglio istruiti che confondono una laurea con il diritto di insultare le vittime delle politiche che hanno sempre sostenuto ideologicamente. Il loro discorso malato è tutto a proposito di cafoni, bigotti e razzisti. Non parla delle élite, delle banche, del sistema politico corrotto o da dove vengono fuori i cafoni, naturalmente no. 

Come disse Abraham Lincoln non potete mentire a tutti e per sempre. Tanti americani non ne possono più di questi scribacchini, delle loro menzogne senza fine, della loro arroganza e della loro ipocrisia. Non ne possono più di neoliberalismo e della guerra (guardate qui una interessante intervista a Pilger).


Non esiste un punto di vista in cui l’elezione di Trump non sia un disastro. Ma se è per questo, quand’è l’ultima volta che una elezione americana non è stata un disastro? Questa elezione è stata la scelta tra i due disastri, Clinton o Trump. Trump ha detto in una delle pubblicità di chiusura nella campagna elettorale “il nostro movimento sta nel rimpiazzare un establishment corrotto e fallimentare con un nuovo governo controllato da voi, dal popolo americano”, un annuncio che era immediatamente seguito da immagini flash di K street (la strada di Washington dove lavorano i lobbisti n.d.t) Wall Street e del CEO di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein



Il team di transizione presidenziale di Trump è una summa di lobbisti, che coinvolgono le Industrie Koch, Disney, Goldman Sachs, Aetna e Verizon. Molti altri commessi viaggiatori delle corporation sono stati chiamati a gestire la transizione. Il nuovo capo dell’EPA (l’ente per la protezione dell’ambiente n.d.t.) è il super negazionista climatico Myron Ebell (leggete qui). Il Vice presidente eletto Pence  è un fondamentalista cristiano. Male, molto male.

Ma io non posso esimermi dal pensare che ci sono anche delle buone notizie. Ieri in una intervista al Wall Street Journal, Trump ha ipotizzato un allontanamento dalla politica dell’attuale amministrazione Obama di cercare dei gruppi di opposizione “moderata” siriani da sostenere nella cosiddetta “guerra civile” in Siria. “ In questo momento stiamo sostenendo dei ribelli contro la Siria e non abbiamo idea di chi siano….Io ho avuto una visione opposta rispetto a molti sulla Siria”. Ha ipotizzato una maggiore attenzione al combattere l’ISIS, in Siria, piuttosto che avere come priorità il defenestramento di Assad. Credo si tratti di un miglioramento, molto meglio di qualsiasi cosa il Nobel per la pace abbia mai fatto. Cosa leggerete riguardo a questa intervista sui giornali (nello specifico il New York Times e il Guardian, che hanno rullato i tamburi della guerra per mesi, esattamente come nel 2003)? Niente.

Si, è tutto molto preoccupante. E chi è preoccupato, fa paragoni. Due settimane fa, le mail di Podesta trapelate ci hanno fornito una visione del grande buco nero, dell’anima scomparsa del Partito Democratico. Queste mail mostrano esattamente dove sta il vero potere e quindi il vero problema: Froman, un dirigente della Citibank, scrivendo da un indirizzo della Citibank nel 2008, fa i nomi della maggior parte del governo Obama, ancor prima che la grande elezione della speranza e del cambiamento fosse vinta (questo può, casualmente, spiegare perché Citibank è stata salvata, sulle spalle dei cittadini, metà dei quali fa la fame o ci è vicina) (leggete qui).

Come scrive Greenwald, fin dagli anni ottanta, le élite in Occidente si sono appropriate di tutta la crescita e hanno chiuso le orecchie quando qualcun altro parlava (leggete qui). Dall’inizio della “ripresa” negli Stati Uniti, più del 90% di tutta la crescita è andato all’1%, e soprattutto allo 0,01% che non è mai stato così ricco e non è si mai arricchito così velocemente nella storia. Dopo più di 30 anni di carnaio sociale in senso stretto, di disastro ecologico su scala globale, e di una economia globale a pezzi, le élite osservano con orrore e incredulità la ribellione dei votanti. 


Che cosa si aspettavano? Il loro gioco è sempre stato quello di demonizzare le vittime della loro disfunzionalità, dei loro furti e guerre e di delegittimare le loro proteste. E’ indiscutibile , scrive Greenwald, che le istituzioni in Occidente hanno, per decenni, senza interruzioni e con assoluta indifferenza, calpestato lo stato sociale e la sicurezza sociale di centinaia di milioni di persone (leggete qui). Hanno completamente ignorato le vittime della loro ingordigia, tranne quando queste vittime si sono fatte sentire un po’ troppo. Allora provvedevano a condannarli sdegnosamente come trogloditi, diventati i giusti perdenti nel glorioso gioco globale della meritocrazia – gli “idioti” di Trump”. (leggete qui). 

Tuttavia le cose adesso sono chiare. Il vaso di Pandora si è scoperchiato e non si chiuderà: maggiore il neoliberalismo maggiori le ribellioni delle popolazioni (leggete qui e qui). Il centro non terrà, non ci sono dubbi in proposito.

La verità riguardo a questa elezione è che Sanders è stato fatto fuori dalla Clinton e dal suo corrotto cerchio magico. La Stein è stata resa invisibile da un sistema elettorale corrotto. Non sono contento che Trump abbia vinto, nemmeno lontanamente. Ma sono contento che la Clinton abbia perso. Quelli che non lo capiscono ignorano quello che è smaccatamente in piena luce: che la Clinton è in tasca ai banchieri e ai venditori di armi anche più di Obama (ammesso che sia possibile) (leggete qui).

Se c’è una cosa che non capisco è come il partito Democratico pensava di farla franca. Ecco qui questa donna scostante, che riceve milioni di dollari di assegni dai Sauditi, che intasca 250mila dollari per tre quarti d’ora di discorsi segreti su Wall Street, apparentemente senza la minima preoccupazione di come questo potesse nutrire il risentimento nei confronti suoi e del partito, che si mostravano essere lo strumento corrotto del mantenimento dello status quo dei ricchi e potenti (leggete qui). 

Tanti americani sono terrorizzati da questa decadente aristocrazia di zombie politici – un altro segno è che Jeb Bush non sia andato da nessuna parte. Gli americani non vogliono un altro Bush. E non vogliono neanche un altro membro dei Clinton.




Bisogna guardarsi indietro per valutare con esattezza l’ascesa di Trump al potere. Sotto il secondo Bush e Obama, l’America è diventata un paese in cui le autorità legali permettono al Presidente di condurre guerre clandestine. Coloro che sono spaventati da un golpe di Trump ignorano fino a che scandaloso punto Obama ha eroso il potere legislativo. E’ diventato possibile imprigionare persone senza processo, prendere di mira persone per assassinarle (anche se sono cittadini americani) senza controlli. 

Le agenzie statali nel settore della sicurezza agiscono come gruppi para militari (leggete qui). Il sistema penale consente imprigionamenti di massa. Il sistema di sorveglianza elettronica è diventato illimitato (leggete qui). Sia Bush jr che Obama hanno sfruttato la “dottrina del segreto di stato” per mettere al riparo le loro politiche più controverse dal pubblico americano (leggete qui). Questo non è un argomento “Repubblicani contro Democratici”. Come i conservatori hanno applaudito la gestione del potere di Bush, così i liberali hanno esaltato i decreti di Obama.

L’inganno è andato avanti per moltissimo tempo, probabilmente da sempre, ma sembra che la storia stia dando ragione alla visione di LincolnE’ stata tutta una bugia – dal macellaio dei Balcani, alle armi di distruzione di massa di Saddam, al genocidio di Gheddafi, alla necessità di intervento umanitario in Siria- niente di questo era vero (leggete qui). 

Come Steppling enfatizza, NIENTE di tutto questo era vero (leggete qui). I liberali e gli abbienti restano indifferenti alle sofferenze fino a quando non sono le loro sofferenze. Stavano abbastanza bene da ingoiare tutto questo. Quando è apparso evidente che il Comitato Nazionale Democratico stava falsando le primarie, hanno fatto spallucce. E allora? L’obiettivo era tenere fuori la bestia dalla Casa Bianca. Ma sono loro che l’hanno creata. I liberali non hanno avuto niente da dire – letteralmente niente – sulla Clinton che sghignazzava davanti all’assassinio di Gheddafi, sul suo golpe in Honduras, sul golpe fascista in Ucraina, sul disastro in Siria. Come una professoressa mi ha detto brutalmente la scorsa notte, come se fosse un dato di fatto “ io credo che Trump sia migliore, in politica estera. Ma a me questo non interessa. Io odio la sua visione delle donne e delle minoranze”.

E’ sufficiente rinunciare ad ogni senso di moralità per sentirsi moralmente superiori. Come “femministe” noi difendiamo le donne se sono le nostre donne, quelle della nostra classe, della bolla in cui noi viviamo, isolati dalle sofferenze dell’umanità. Bombardare donne e bambini non ci riguarda. E perché dovrebbe? La nostra professoressa non è destinata ad essere coinvolta da nessuno dei 400mila bambini yemeniti che stanno morendo di fame perché i Sauditi, praticamente il regime più condannabile del mondo e insieme nostri stretti alleati, stanno bombardando questo povero paese. Questi liberali sono la follia dell’umanità.



La più grande bugia che i liberal stanno creando è che Trump sta portando il fascismo, mentre invece il fascismo è già qui – forse non proprio qui, non ce n’è traccia sugli yacht dei super ricchi, o nella bella, decorosa, isolata e senza cuore upper class americana. Ma parlatene alla madre single che vive in una roulotte in Pennsylvania senza un lavoro e che ha perso il suo welfare. Ma ditelo a un nero nelle periferie impoverite di Baltimora, dove la speranza di vita è più bassa che nel Bangladesh, ripetetelo ad un contadino afghano che ha perso la sua famiglia in un attacco di droni, o a un veterano, che soffre di stress post traumatico, che dorme da qualche parte per strada e che rischia di essere prelevato dalla polizia nel paese più ricco del mondo e sentite se LORO non lo chiameranno fascismo. Andate e chiedete in Siria che cosa la gente pensa di questi “moderati” tagliagole islamici che aiutiamo perché combattono l’Isis, che a nostra volta aiutiamo perché combatte Assad, mentre la Clinton vuole una no-fly zone così che questi “moderati” possano tagliare più teste, così che i ricchi possano razziare di più.

Sono i liberali che hanno promosso il fascismo. Lo hanno razionalizzato, lo hanno giustificato, lo hanno celebrato. E’ stato semplicemente il loro compito. Se questa elezione significa che la gente ha capito tutto questo, anche solo parzialmente, anche solo intuitivamente, questa non è altro che una grande vittoria. Il mondo non sarà più lo stesso. L’elezione di Trump ha mostrato i limiti della macchina manipolativa più potente. Il risultato non è quello che abbiamo sperato. Le cose adesso non vanno bene, assolutamente no. Questo è un interregno. Ci saranno cambiamenti sistemici. La chiave è delegittimare i liberali, per vincere la battaglia ideologica. Un partito completamente nuovo deve nascere con politiche che favoriscano gli interessi della popolazione, politiche di crescita, redistribuzione, ricostruzione del welfare state, ricostruzione dell’infrastruttura produttiva. 

Esso dovrà perseguire un ordine globale, decenza e onestà, lavorare per i diritti umani e prendere la lotta al cambiamento climatico finalmente sul serio – tutte politiche che , secondo Chomsky, possono trovare una maggioranza nella popolazione (democratica e repubblicana) se solo ci fosse un partito che sostenga questi obiettivi. Questa è la grande scommessa. Richiederà tempo e sforzi. In queste elezioni il partito democratico è affondato. Se alle prossime elezioni, o nel futuro prossimo, anche il partito repubblicano affonderà, il popolo americano avrà conseguito una fantastico progresso sia per sé che per il mondo.

Addendum: Trump ha appena chiesto una legge bancaria “Glass-Steagall del 21mo secolo” (un’importantissima legge del 1933 che imponeva la separazione tra banche tradizionali e banche per investimenti, abolita in maniera criminale da Bill Clinton NdVdE) (guardate qui).

*Traduzione di Massimo Rocca (@RasoiodiRoccam )