Charta Sporca
Non
indispensabili allo sforzo critico del Paese
Andrea Muni
Sono
certo di non essere l’unico della mia generazione a vivere un
sentimento di crescente estraneità nei confronti di ciò che
rappresenta l’Informazione, la Cultura, il Sapere
pseudo-progressisti (leggi, ahimé, neoliberali) nel nostro Paese. Lo
dico, lo denuncio da marxista semplice – certamente non da
rossobruno, né tanto meno da clerico-fascista à la Fusaro; lo dico
come uno per cui tra il salario più alto e quello più basso dei
lavoratori di una società democratica non dovrebbe passare una
differenza superiore al 20-30 per cento; uno per cui i mezzi di
produzione (soprattutto dell’Informazione e della Cultura) non
dovrebbero essere detenuti da privati che ne possono disporre a
piacimento; uno che non accetterà mai il genocidio, l’olocausto
culturale – di parlate, usanze, pratiche, giochi, forme di
socialità particolari (spesso secolari) – consumatosi all’ombra
degli ultimi tragici decenni di globalizzazione.
La
caccia alla volpe dei big della Cultura e dell’Informazione di
pseudosinistra al negazionista – ossia a tutti quelli che non
appoggiano le scelte del governo o semplicemente sollevano dubbi
sulle misure anti-Covid – è il nuovo sport preferito
dell’autoproclamata “parte migliore del Paese”. Non importa se
nel frattempo i principali virologi e immunologi, poverini, vittime a
propria volta di questo carrozzone mediatico, si accapigliano
vergognosamente e pubblicamente tra loro dicendo tutto e il contrario
di tutto. Loro sono scienziati, non si toccano e non si discutono!
Ovviamente solo fino a quando tirano acqua al mulino della narrazione
desiderata, perché in caso contrario diventano di colpo nemici su
cui sparare a zero. Come quando a metà novembre il dott. Bassetti ha
detto pubblicamente che la conta dei morti durante i primi mesi di
lockdown è stata fatta sui morti con (e non di) Covid –
silenziato; o come quando il dott. Crisanti, negli stessi giorni, ha
sollevato forti dubbi su tempistiche e conseguente affidabilità
scientifica dell’imminente vaccino-lampo – pubblico ludibrio,
cessato solo con la recente vaccinazione/redenzione in diretta. O,
tornando ancora più indietro, come quando la dott.sa Gismondo a
inizio pandemia ha osato minimizzare la gravità “in valore
assoluto” (ossia al netto di un sistema sanitario decente) del
virus – rogo mediatico.
Quello
che turba di più sono però i momenti luminosi in cui questa
“elegante” caccia alla volpe mediatica si tramuta in
un’inquietante e scabrosa caccia alle streghe, che perpetra in
grande stile il pluridecennale e più radicato vizio del
catto-progressismo neoliberale italiano: la criminalizzazione (e
direi persino la patologizzazione) della morale e dello stile di vita
dei ceti più popolari, ignoranti e subalterni. Un esempio quasi
sublime, al limite dell’eugenetico, di questa pratica perversa ci è
stato regalato dall’“esperta” che, a di Martedì, sempre
intorno alla metà di novembre, ha equiparato pubblicamente il
negazionismo a una forma di demenza neurologicamente accertabile. Un
apice quasi-lombrosiano di cui non tutti sentivamo il bisogno.
Proviamo
allora per gioco a mettere in fila quello che è stato detto negli
ultimi mesi dagli “eroi” mediatici che quotidianamente ci
difendono dal pericolo negazionista. Credo che vedere brutalmente
giustapposti i messaggi “subliminali” dei principali media
filogovernativi, potrebbe essere estremamente utile per cogliere
l’enormità dello sforzo ideologico che ribolle nei bassifondi
della lotta – apparentemente “senza macchia” e “senza
quartiere” – al negazionista.
Spoiler:
non sono negazionista, né no-Mask o no-Vax, niente di tutto ciò –
purtroppo ormai bisogna giustificarsi in anticipo. Vado in giro con
la mascherina, starnutisco nel gomito e – se non sono brillo (si
può anche scherzare ogni tanto!) – rispetto sempre il coprifuoco.
“Sbatti
il virus in prima pagina”
Vediamo
l’elenco delle principali operazioni mediatico-ideologiche degli
ultimi mesi.
1)
Ipocrita, melensa apologia dell’anziano. Uno dei tanti sintomi
della ributtante gerontocrazia che, in tutti i luoghi chiave del
Paese, si spartisce i pezzi dell’apparato ideologico neoliberale
(in cui qualcuno vorrebbe che non ci accorgessimo di vivere). Il
tutto ovviamente mentre viene consigliato (nelle varie sezioni
“pubblicità” degli stessi grandi giornali) di far rinchiudere –
rigorosamente a proprie spese, sempre che ce lo si possa permettere –
i propri anziani in strutture che spesso sono poco meno che veri e
propri lager. Senza offesa per coloro che ci lavorano: l’offesa è
piuttosto diretta a un’intera società, che consente di ammassare
esseri umani in ospizi che per “stare sul mercato” sono costretti
spesso a rette talmente basse da rendere proibitivi servizi decenti
per gli utenti e contratti minimamente dignitosi al personale.
2)
Accuse feroci di negazionismo (termine guarda caso ispirato al male
assoluto del secolo breve – l’olocausto) nei confronti di
chiunque osi levare una parola critica più generale sulle ragioni
profonde della crisi del sistema sanitario prodotta dalla pandemia.
Accuse ovviamente confezionate in grande stile, con citazioni dotte
del tale e del talaltro filosofo, con riflessioni sociologiche
profondissime, il tutto messo sovente lì “a cazzo” giusto per
impressionare qualche sensibile signora attempata che si diletta di
filosofia e humanities (non serve fare nomi). Non una parola sul
fatto che il dramma che stiamo vivendo, e le limitazioni che subiamo,
riguardano una crisi del sistema sanitario; non una parola, mai,
sulla effettiva pericolosità/mortalità di questo virus per tutti
coloro che abbiano meno di cinquant’anni e non abbiano patologie
pregresse (al 9 dicembre, il sito dell’ISS riporta 695 persone
decedute con covid sotto i 50 anni (l’1% del totale, di cui per
altro è lecito supporre la stragrande maggior parte avesse gravi
patologie pregresse). Qualcuno ricorda quando il virus, nei primi
mesi, era presentato dai media come un flagello capace di uccidere
tutto e tutti indistintamente, una nuova peste o una nuova Ebola?
Qualcuno ricorda la giornalista della tv privata che impanica il
ragazzone veneto di Vò mentre beve il suo calicetto al bar ancora
ignaro della pandemia e colpevole della celebre boutade “a noi ci
protegge l’alcol”? Lei gli dice proprio in faccia “Non
scherzare! Qui si muore, muori!”. Io ricordo, quando il virus era
ancora solo “cinese”, un bel reportage non ancora ideologizzato
su Rai2 dove tra la popolazione di Pechino una giovane ragazza con
serenità diceva qualcosa del tipo “sì bon, è vero, è una
bruttissima pandemia, ma per noi giovani il rischio è minimo” –
inutile dire che discorsi simili, una volta che la cosa è giunta a
casa nostra, sono letteralmente scomparsi dalla circolazione.
3)
Usare i luoghi comuni più roboanti del pensiero contemporaneo per
menare fendenti su quei poveri cristi dei “complottisti”, che
almeno – seppur brancolando nel buio dell’ignoranza, della
solitudine e del disprezzo che piove su di loro dalla luce dei ben
nati – ancora cercano ciecamente una ragione (una purché sia) alla
loro sofferenza, alla reclusione forzata, alla perdita del lavoro.
Immagine simbolo: l’imitazione veramente umiliante di Crozza (che
di solito mi fa ridere) o la bella canzone Non me ne frega niente di
Levante (che apprezzo), in cui il “leone da tastiera” viene
dipinto come la feccia dell’umanità – il nuovo arcinemico
kripto-nazista che incarna tutta la banalità del male del terzo
millennio. Questa crociata contro il complottista serve a far passare
l’idea che tutti coloro che vedono un disegno dietro al male che ci
sta accadendo siano delle assolute nullità, stupide e disumane, da
zittire e/o medicalizzare. Come se il solo lasciarsi accarezzare
dall’idea che – a volte, anzi quasi sempre – i padroni del
mondo ce la facciano sotto il naso, sia di per sé un sacrilegio, una
bestemmia, il sintomo di una malattia mentale – puro Mc Carthysmo
3.0. Eppure accidenti, se non sbaglio, se ricordo ancora bene – se
non sono stato contagiato anch’io dalla patologia neurologica del
negazionismo, un disegno economico/espansionistico c’era eccome
dietro all’invasione di Afghanistan e Iraq “per portare in quei
luoghi disperati la democrazia”; e sempre se la mente non mi gioca
brutti scherzi, mi pare comunque di ricordare che un disegno segreto
ci fosse (eccome!) dietro allo smantellamento dei diritti dei
lavoratori portato avanti scientemente dalla pseudo-sinistra e dalle
destre neo-liberali europee e italiane negli ultimi venticinque anni.
Ma non vedete che queste persone oggi credono agli ufo, alle scie
chimiche e che il covid si curi bevendo sapone, perché gli fa ancora
troppo male ammettere a se stesse che è il loro intero mondo –
quello gli avete raccontato e tessuto attorno negli ultimi tre
decenni – a essere tutto una grande nera bugia? Ciò a cui i
complottisti dovrebbero davvero smettere di credere è all’odio di
sé che gli instillate continuamente per il solo fatto di non essere
come voi… di non essere voi. Vedreste come smetterebbero
rapidamente di essere negazionisti, se non li induceste a odiarsi più
di quanto già non facciano. Ma il punto forse è che non lo volete:
non volete che smettano di odiarsi e di odiare, qualcosa di segreto
in voi desidera ardentemente che “loro” siano così. Una pulsione
irrefrenabile vi spinge a fomentare il loro odio: il vostro. Solo il
rancore e il disprezzo per questi poveri disgraziati vi proteggono,
vi salvano (ancora per poco) dal guardare nel vortice, nell’abisso,
nell’orrore delle menzogne che, raccontando agli altri, non
smettete di raccontare a voi stessi.

4)
Sistematico riferimento alla Scienza come Verità assoluta di fronte
a cui ogni istinto critico – “in questo grave momento” – deve
piegare il capo. Questo ovviamente da parte di gente che, fino a
ieri, ci spiegava con sussiego l’importanza di relativizzarne le
“verità”… Ma non troppo eh… Il giusto, e sempre con buon
senso… Sempre con quello di chi comanda.
5)
Evitare rigorosamente ogni minimo accenno alle criminali
responsabilità della globalizzazione e delle multinazionali (andate
a sbirciare quanto ha guadagnato Bezos da inizio pandemia) nella
catastrofe economica ed esistenziale che sta triturando la
piccolissima imprenditoria, i lavoratori autonomi e i dipendenti
privati del nostro Paese. Le persone che scendono in piazza sono
metodicamente dipinte come “pilotate” a turno da frange
estremiste, ultrà, malavita e chi più ne ha più ne metta. È
“impossibile”, per la narrazione dominante, che la gente
semplicemente non ce la faccia più, che senta tragicamente di non
avere più nulla da perdere al punto da scendere in strada e darsi
alla rivolta. Ma come diceva quello… “L’impossibile è il
reale”.
6)
Silenziare i dati CENSIS e ISTAT su disoccupazione e implosione di
interi settori produttivi. Numeri che non sono allarmanti, ma
APOCALITTICI (500.000 disoccupati in più in 8 mesi di pandemia,
100.000 imprese fallite); il settore del turismo che nel solo 2020 ha
bruciato 53 miliardi di euro. Silenziare qui non significa che “non
cielo dicono”, queste notizie sono sempre date, seppur fugacemente.
Il problema è piuttosto l’inesistente discussione di questi temi,
a livello dei princpali dibattiti pubblici e mediatici. C’è solo
il virus, e la gente che colpevolmente lo “fa girare”.
7)
Il disprezzo malcelato degli pseudoprogressisti per i ceti piccolo
borghese, (sotto)proletario e provinciale italiano (da cui pure a
volte provengono). Questi ceti infatti o sono per lo più negati
(“non esistono più gli operai”, “ormai gli italiani non fanno
più i lavori faticosi”, “gli stranieri ci pagheranno le
pensioni”), spesso semplicemente ignorati, o peggio ancora
apertamente osteggiati perché ormai considerati elettorato “stabile”
dell’altra parte politica. Possono così essere comodamente
additati come untori, indisciplinati, degenerati. Tutta la parte di
popolazione che non accetta di trasformarsi in un “doppio” morale
e ideologico dell’establishment pseudo-progressista è
automaticamente dalla parte del nemico. Si tratta di una vecchia
strategia, che cerca di sedurre la parte più benestante e colta
degli sfruttati, offrendole la possibilità di identificarsi coi
padroni e spezzare così l’unità di classe.
8)
Diffusione dell’idea, veramente infamante, che uno studioso di
immenso prestigio come Giorgio Agamben si fosse di colpo
rincoglionito solo perché si è rifiutato di tirare acqua al mulino
dell’apparato ideologico di Stato neoliberale. Mentre, a conti
fatti, è stato tra i pochissimi che da subito hanno centrato il
punto politico della nuova era-Covid: il controllo. Se non fosse che
ci dimentichiamo dei “casi” mediatici dopo due ore, la vicenda
Agamben ci servirebbe oggi anche per riflettere sul rapporto poco
sano che c’è tra il Governo e i principali media filogovernativi
del Paese. A volte pare infatti che questi media si sentano (non si
può dire siano, poiché bisognerebbe dimostrarlo) investiti
direttamente dal Governo di una qualche missione mediatico-repressiva
da condurre contro una popolazione da terrorizzare perché a-priori
ritenuta moralmente deficiente. Tutto questo mentre la scienza,
quella vera – non quella ideologica, non è nemmeno ancora riuscita
a stabilire con certezza quanto i lockdown realmente incidano sulla
diffusione (e sulla mortalità) del virus rispetto ad altri fattori –
come la selettività genetica o ematica, la stagionalità e/o
eventuali ulteriori sconosciute micro-mutazioni.

9)
Giocare a dissociare l’eterogenea, ma non casuale, composizione di
classe delle proteste. Tentativo di separare artificialmente e
moralisticamente i “bravi cittadini” che protestano dalle
“galassie” (il termine di per sé dice già tutto) estremiste di
destra e di sinistra. La tradizionale strategia, perfettamente
illustrata, di frammentare sul nascere, da subito, la voce e la vita
di quei tanti micromondi accomunati solo dal fatto di essere gli
“esclusi” (i “non-rappresentati”, i “sudditi”) di questo
sistema sociale.
10)
Tradizionale confisca teorica, e pratica, di un qualsiasi possibile
valore positivo da dare alla “pancia” (perché non “cuore”?)
del Paese. La passione entomologica tipica della intelligentjia
intellettuale pseudoprogressita di studiare “il volgo” come un
oggetto, un insetto. Di guardare al reale, a ciò che accade – al
modo in cui le persone tirano avanti con poco e fanno fronte alle
tragedie che stiamo vivendo – col sussiego di un epidemiologo che
studia il diffondersi dell’afta epizootica in un gregge di pecore.
Quello
che dà davvero fastidio a questo establishment – sì,
establishment!, si può ancora dire, la neolingua non ha ancora
censurato legalmente questa parolaccia – è che la protesta monta,
cresce, sta per esplodere: non può più essere silenziata. Non sa
come fare – il sig. Establishment – a infiltrarsi in una protesta
che rappresenta caoticamente tutti quelli che in questo “Stato di
emergenza” hanno un diritto ormai soltanto formale al dissenso:
fascisti, anarchici, trozkjisti, centri sociali, ma anche e
soprattutto piccolissimi commercianti, lavoratori autonomi, operai,
stagionali, giovani partite iva, imprese a conduzione familiare,
riders, sottoproletariato urbano, immigrati. C’è una sola persona
appartenente a una qualunque di queste categorie che non sia
sull’orlo del baratro e sul piede di guerra? Non credo.
Il
potere capitalista, dai suoi albori, gioca a dividere in profondità
le “galassie” effettivamente diverse che compongono il grande
mosaico degli sfruttati. Il suo obiettivo politico fondamentale negli
ultimi due secoli è sempre stato lo stesso: assicurasi che i diversi
“gruppi” di sfruttati non raggiungano mai un grado di forza e
coesione tale da rovesciarlo. Ovviamente si tratta di una strategia
vecchia come il mondo: divide et impera non l’ha inventato la
borghesia ottocentesca, né il neoliberalismo.
Non
è un caso che tutte le rivolte riuscite (alias rivoluzioni) siano
state fatte da “nemici” capaci di sospendere temporaneamente la
loro reciproca ostilità in nome di un’avversione più grande (da
quella cinese del ’21, che scaccia i coloni inglesi – Mao/Chiang
Kai Shek, a quella russa del ’17 – bolscevichi/menscevichi, a
quella francese e borghese del 1789 – giacobini/girondini). Il
problema, con una battuta, guardando a questi esempi storici, è
semmai quello di capire tempisticamente come riuscire a non scannarsi
“dopo” un’eventuale vittoria.
Lo
spettro della morte trafilato al bronzo
Si
dirà… “Quanta indifferenza nei confronti dei tanti morti!”,
“Cosa vuoi dire sottolineando che per la maggior parte i morti sono
over-50, che dovremmo fregarcene!? Mostro!”, o ancora “Basta
prendersela con l’Informazione e la Cultura, mentre ci sono la fake
news che dilagano, i complottisti che assaltano il Campidoglio e i
fascisti per le strade”. Tutte reazioni che trovo francamente un
po’ isteriche di fronte a quello che è un desiderio di smarcarsi,
un minimo, dal vero e proprio delirio millenaristico/apocalittico in
cui siamo sprofondati. Conosco intimamente persone che hanno perso i
propri cari, genitori o coniugi, durante la pandemia e non è mia
intenzione sminuire in alcun modo il dolore lacerante di ogni singola
perdita umana patita. Ma questo dolore – vero, sincero, onesto –
non può e non deve funzionare automaticamente come una censura
morale e politica, esercitabile a piacimento, nei confronti di tutti
coloro che osano delle riflessioni minimamente divergenti. Come non
può e non deve impedire a chi lo desidera (per spirito critico e non
per interessi di parte) di studiare autonomamente i macrodati
“oggettivi” della pandemia, per confrontarli col modo in cui
questi sono trattati, digeriti e diffusi, dai principali organi di
informazione.
La
recente notizia sugli oltre 700.000 morti di quest’anno, che
avrebbero eguagliato niente meno – secondo il presidente dell’INPS
Blangiardo – quelli del 1944 (annus horribilis simbolo dei peggiori
fantasmi del ‘900) non è che un altro triste esempio di questa
isteria. Basta andare sul sito dell’Istat per venire a conoscenza
che nel 2019 i morti sono stati 647.000, e quindi la differenza covid
sull’anno è di “soli” 53.000 decessi su una popolazione di 60
milioni di persone. Significa che siamo all’interno di variazioni
percentuali minime, e per di più decisamente inferiori rispetto
all’aumento della mortalità dal 2011 al 2017. Pare che a nessuno
sia venuto in mente, invece, di collegare l’aumento dei decessi al
dramma silenzioso del costante e verticale invecchiamento del nostro
Paese. Si preferisce piuttosto ”strillare” paralleli idioti col
’44, utili solo a stendere qualche altra pennellata di terrore su
una popolazione allo stremo – per altro guardandosi bene dallo
specificare, tra le varie cose, che nel ’44 la popolazione italiana
(per altro molto più giovane di oggi) non raggiungeva ancora i 45
milioni di persone – e che quindi, in proporzione, la percentuale
di decessi su popolazione è letteralmente imparagonabile.
O
come pochi giorni fa, quando un giornalista del Servizio Pubblico ha
tuonato contro il sindaco di un piccolo comune, invocando in diretta
il TSO e/o il licenziamento per i dipendenti della CRA del tal
comune, perché colpevoli – a quanto pare – di non voler fare il
vaccino. Cioè Lui, giornalista, tizio a caso, invoca in diretta il
trattamento sanitario obbligatorio (e/o il licenziamento) per queste
persone davanti decine di migliaia di possibili spettatori,
nell’imbarazzo di un sindaco che non sa cosa rispondere a un
atteggiamento così insensatamente arrogante. Come se – allo stato
attuale delle cose – questi lavoratori fossero colpevoli di qualche
reato. Peccato che il vaccino, in questa prima fase, non sia
obbligatorio nemmeno per le professioni sanitarie. Cioè, siamo a
questo livello di delirio mediatico. La cosa è veramente
preoccupante, della serie… “quarto potere” scansate proprio.
Perché
lo fai?
Perché
ambite così tanto a terrorizzare la gente? Avete paura che non
rimangano più posti in terapia intensiva? Ho capito, bravi, era
l’unica risposta decente. Ma allora, per dio, con lo stesso piglio
con cui terrorizzate la gente, perché non dite, non gridate, tutti e
a una voce, che è una vergogna la lottizzazione neoliberale della
sanità (e non solo). Perché non dite che la causa dei nostri disagi
è un sistema sanitario svenduto alle privatizzazioni e al Capitale?
Ditelo che non è colpa del Covid, che non è colpa dell’amoralità
delle classi più povere e dei giovani che vogliono ancora vivere!
Ditelo che i Paesi Occidentali sono talmente disabituati a
interessarsi ai diritti sociali dei loro cittadini che non avevano
nemmeno un piano serio per fronteggiare una cosa del tutto “normale”
nella storia dell’umanità come una pandemia. Ah, come dite, non
potete perché i vostri padroni fanno parte di questo sistema? Che
peccato. Certo certo, tutti dobbiamo campare, comunque se vi va
potete sempre scrivere su Charta Sporca, qui dobbiamo rendere conto
solo al nostro spirito critico.
Vorrei
tanto che qualcuno mi rispondesse, davvero, vorrei poterne parlare
con tutte le brave persone che partecipano, ne sono convinto, in
buona fede (o per semplice necessità economica) a questo carrozzone.
Alle brave persone che, pur collaborandovi, sentono che c’è
qualcosa di terribilmente sbagliato nel modo in cui sta venendo
gestito mediaticamente il dramma che stiamo vivendo tutti insieme; a
queste persone serie e oneste (ne conosco molte), vorrei chiedere di
cuore con una mano tesa e senza arroganza (al di là di tutte le
provocazioni volutamente lanciate): “ma ci sei o ci fai?”. E se
ci fai, per favore, non è che potresti osare “preferire di no”?