uno dei due è l'altro

uno dei due è l'altro

sabato 11 gennaio 2020

Ritorno (Isidore Ducasse)







Nel mentre mia sorella moriva
insegnavo a mia figlia
a guidare.


*



Sono anni andati dove,

per un dolore che verrà.

Per un dolore che verrà

in un luogo.


In un luogo

nell’aria indifferente.

In un luogo,

andati dove ?


È bastato partire

senza sapere

di non saper tornare.
(N.C.)

***

Ritorno

Sono tornato là
dove non ero mai stato.
Nulla, da come non fu, è mutato.
Sul tavolo (sull’incerato
a quadretti) ammezzato
ho trovato il bicchiere
mai riempito. Tutto
è ancora rimasto quale
mai l’avevo lasciato.
(Giorgio Caproni)





Isidore Ducasse conte di Lautrèamont
I Canti di Maldoror
Canto quarto


È un uomo o una pietra o un albero che si accinge a iniziare il quarto canto. Quando il piede scivola su una rana, si prova una sensazione di disgusto; ma quando si sfiora, appena, il corpo umano, con la mano, la pelle delle dita si fende, come le scaglie di un blocco di mica che si spezza a colpi di martello; e, come il corpo di un pescecane, morto da un'ora, palpita ancora, sul ponte, con una vitalità tenace, cosí le nostre budella sono sconvolte ancora da cima a fondo, molto tempo dopo il contatto. Tanto l'uomo ispira orrore al proprio simile! Può darsi che, proponendo questa formulazione, io mi sbagli; ma può anche darsi che dica il vero. Conosco, concepisco una malattia piú terribile degli occhi gonfiati dalle lunghe meditazioni sullo strano carattere dell'uomo: ma la sto ancora cercando... e non sono riuscito a trovarla! Non credo di essere meno intelligente degli altri, eppure, chi oserebbe affermare che sono riuscito nelle mie investigazioni? Quale menzogna uscirebbe dalla sua bocca! L'antico tempio di Denderah è situato a un'ora e mezzo dalla riva del Nilo. Oggi, falangi innumerevoli di vespe si sono impadronite delle grondaie e dei cornicioni. Volteggiano intorno alle colonne, come le onde spesse di una capigliatura nera. Sole abitanti del freddo portico, custodiscono l'entrata dei vestiboli, come per un diritto ereditario. Confronto il ronzio delle loro ali metalliche all'urto incessante dei banchi di ghiaccio precipitati gli uni contro gli altri durante il disgelo dei mari polari. Ma, se considero la condotta di colui al quale la Provvidenza diede il trono su questa terra, i tre alettoni del mio dolore fanno sentire un rumore piú grande! Quando una cometa, durante la notte, repentinamente appare nel cielo, dopo ottant'anni di assenza, mostra agli abitanti terrestri e ai grilli la sua coda brillante e vaporosa. Senza dubbio, essa non ha coscienza di questo lungo viaggio; non cosi io: appoggiato sul gomito al capezzale del mio letto, mentre le merlettature di un orizzonte arido e cupo s'innalzano vigorose sul fondo della mia anima, mi lascio assorbire nei sogni della compassione e arrossisco dell'uomo! Spezzato in due dalla tramontana, il marinaio, dopo il suo quarto di notte, si affretta a raggiungere la sua amaca: perché
codesta consolazione non mi è data? L'idea di essere caduto, volontariamente, in basso quanto i miei simili, e che meno di un altro ho il diritto di pronunciare lamenti sulla nostra sorte, che resta incatenata alla crosta dura di un pianeta, e sull'essenza della nostra anima perversa, penetra in me come un chiodo di forgia. Si sono viste esplosioni di grisú annientare intere famiglie; ma queste conobbero l'agonia per poco tempo, perché la morte è quasi immediata, in mezzo alle macerie e ai gas deleteri: io… esisto sempre, come il basalto! 




A mezzo, come al principio della vita, gli angeli rassomigliano a se stessi: non molto tempo fa, io non mi rassomigliavo piú! L'uomo e io, murati entro i limiti della nostra intelligenza, come spesso un lago, in una cinta d'isole di corallo, invece di unire le nostre rispettive forze per difenderci contro il caso e la sfortuna, ci allontaniamo, coi tremiti dell'odio, prendendo
due vie opposte, come se ci fossimo feriti a vicenda con la punta di una daga! Si direbbe che uno capisce il disprezzo che ispira all'altro; spinti dall'incentivo di una relativa dignità, cerchiamo in ogni modo di non indurre in errore il nostro avversario; ciascuno resta per conto suo e non ignora che la pace proclamata non potrebbe essere conservata, Ebbene, sia! che la mia guerra contro l'uomo si perpetui, poiché ciascuno riconosce nell'altro la propria
degradazione.. poiché i due sono nemici mortali. Che io riporti una vittoria disastrosa o ch'io soccomba, la battaglia sarà bella: io, solo, contro l'umanità. Non mi servirò di armi fatte di legno o di ferro; respingerò col piede gli strati dei minerali estratti dalla terra: la sonorità possente serafica dell'arpa diventerà, sotto le mie dita, un temibile talismano. In piú di un'imboscata, l'uomo, questa scimmia sublime, ha già trafitto il mio petto con la sua lancia di porfido: un soldato non mostra le sue ferite, per gloriose che siano. Questa guerra terribile seminerà il dolore in mezzo ai due partiti: due amici che ostinatamente cercano di distruggersi, 
che dramma!
[...]





Da Lautrémont Opere Complete.
I Canti di Maldoror.
Universale Economica Feltrinelli 1978
traduzione di Nicola M. Buonarroti



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