Franco Ferlini
La
formazione di capitali dipende dal saggio di profitto e dalla massa
di profitto. Nello sviluppo capitalistico, mentre il saggio di
profitto tende a diminuire, la massa di profitto tende a crescere con
la accumulazione del capitale.
Se
un capitale di 100 con un saggio di profitto del 20% produce una
massa di profitto di 20, con la caduta del saggio di profitto al 10%
per produrre la stessa massa di profitto deve essere investito un
capitale di 200.
L’’esistenza
stessa del capitale è legata alla sua costante accumulazione.
E
quando un saggio di accumulazione non è più sufficiente ad
accrescere il capitale reale per fornire una massa di profitto uguale
o maggiore della precedente composizione, allora il grande capitale
si alimenta espropriando i capitali minori presenti sul mercato
interno ed estero.
Questa
legge della accumulazione riveste un grande ruolo nella situazione
odierna e porta a una vera e propria guerra globale di capitali, resa
necessaria dalla “rivoluzione” delle tecnologie della produzione e
dai costi di produzione delle tecnologie stesse. La produzione di
ricerca tecnologica impiega un vasto numero di operatori e l’’impiego
di considerevole capitale fisso.
In
questa guerra di capitali ci saranno vincenti e perdenti, e la cosa
in qualche modo ci riguarda direttamente, visto che coinvolge tre
modelli capitalistici: quello americano, quello cinese e quello
europeo.
Il
modello americano si basa sulla forza e resistenza del dollaro come
moneta di scambio e di riserva internazionali, conquistato con la
sconfitta del capitalismo europeo negli anni quaranta.
La
Federal Reserve si fonda su questa forza e stampa carta moneta
illimitatamente secondo la situazione: crea una massa monetaria,
senza corrispettivo, che tramite la borsa integra i consumi della
classe media, nonostante il calo dei redditi, salariali e anche
renditizi.
D’’altro
canto assicura la tenuta finanziaria delle grandissime imprese. Le
grandi società quotate si finanziano con l’emissione di titoli e
gli investitori si rifinanziano cedendoli alla Fed e ricostituendo il
proprio capitale speculativo; un ciclo a suo modo funzionale ma dagli
esiti gravemente negativi.
A
parte la crescita inarrestabile del debito pubblico interno e del
debito sull’’estero, si assiste ad una crescita abnorme della
ricchezza di un ristretto centile della popolazione americana e una
espansione dell’’immiserimento e della povertà che coinvolge
oltre 60 milioni di abitanti.
Il
modello cinese si fonda sulla crescita produttiva e su una ingente
accumulazione di risorse – auree, creditizie, ecc – sulla
espansione dei consumi interni, sulla grandi disponibilità per la
formazione e per le ricerche avanzate in campo scientifico e
tecnologico.
Il
mercato cinese poggia su un numero di consumatori che ancora non
conosce limiti, che si espande segnatamente in Asia e in tutte le
aree emergenti. Per dirla con Marx un continente che cresce perché è
orientato più a produrre che a consumare.
Il
modello europeo, o sarebbe più corrispondente alla realtà dire
“modello germanico”, si fonda al contrario sulla austerità.
Non
potendo competere con la potenza economico finanziaria e produttiva
degli Stati Uniti e della Cina, si scommette sul ridimensionamento
salariale.
La
Germania ritiene che per stare al passo con le due economie
subcontinentali deve poter disporre di un area subcontinentale
chiamata Unione Europea, una unione tenuta assieme dalla sua forte
presa sulla burocrazia di Bruxelles e sulla soggezione finanziaria e
industriale degli altri 26 paesi.
Il
problema della Germania – non ha senso parlare di “Europa” –
è nella sua intima essenza l’accumulazione di capitale necessaria
per far fronte alle immanenti sfide che si affacciano nella
concorrenza internazionale, tra le quali particolarmente rilevanti
sono quelle dell’’auto elettrica, dell’intelligenza artificiale
e della rete 5g.
Per
fornirsi di capitali in una misura superiore alle sue capacità di
accumulazione la Germania, dipingendo altri paesi sull’’orlo del
fallimento, spinge i capitali di questi paesi a rifugiarsi presso le
sue banche e i suoi titoli.
La
persistente e strisciante crisi politica, economica e sociale in
varie parti del mondo favorisce questa politica predatoria, al punto
che i capitali in fuga ricevono un interesse negativo ovvero pagano
la sicurezza che la Germania garantisce.
Il
degrado economico e sociale dell’Europa, in questa corsa
all’’accumulazione di capitali e al regime di austerità imposto
persino in Germania, ha portato alla esplosione di movimenti popolari
(oggi tutti spregiati come “populistici”) che, quantomeno,
imbarazzano la ex funzionaria della SED.
Ma
il modello non può essere né messo in discussione, né riformato.
Tutto il gran discorso che si fa su Fondi o Mes o Sure o altro, non è
che sceneggiate per far credere alle popolazioni che l’’Europa
unita esiste e promette progresso e benessere.
Il
cerchio di ferro tedesco non permette che l’’economia italiana e
altre economie possano affrancarsi da una condizione di perenne
debito e ricatto: ne va, ad esempio, della possibilità di sottrarre
in continuazione il sangue del capitale che l’’Italia produce in
abbondanza e magari, un domani, attraverso le “condizionalità”,
che secondo Gentiloni non ci sono, di mettere le mani sul grande
risparmio degli italiani.
Lasciate
ogni speranza voi che entrate nel cerchio di ferro di Deutschland
uber alles…