Propongo due brevi capitoli della gustosa, dissacrante e spesso sorprendente autobiografia di Frank Zappa (scritta con Peter Occhiogrosso, pubblicata da Arcana, potete scaricarvi il pdf qui).
Autobiografia che va letta sia come brillante testimonianza di una personalità dagli aspetti geniali e inaspettati, così vistosamente statunitensi, anche nel rapporto contraddittorio con la tradizione colta europea, sia come spaccato storico che dall'epopea freak, di cui Zappa è stato indiscusso ma non omologato protagonista, porta agli ineffabili anni '80.
Inoltre, per la gioia delle vostre orecchie, qui potete scaricarvi 123 bellissimi assoli zappiani.
Qualche
Storiella sulla Chitarra
Mio
padre teneva la sua chitarra dell’università chiusa nello
sgabuzzino e ogni tanto ci giravo attorno, senza riuscire a capire
come farla funzionare. Ai miei occhi non aveva senso: quando la
toccavo non mi faceva sentire bene. Un giorno mio
fratello più piccolo, Bobby, prese a un’asta una chitarra da
cowboy con i tagli a f e il cavigliere arcuato per un dollaro e mezzo
e solo allora cominciai a suonarla.
In
quel periodo ero interessato al R&B. Mi piaceva il suono degli
assoli di chitarra blues ma la chitarra non era lo strumento
principale nella maggior parte dei dischi di allora; la parte del
leone toccava al sassofono. Aspettavo sempre i dischi con gli assoli
di chitarra ma erano troppo brevi. lo volevo suonare il
mio assolo, e anche LUNGO, così imparai a suonare da me, senza
preoccuparmi di capire gli accordi; mi bastavano certi passaggi
blues.
Stilisticamente
il mio approccio è simile a quello di Guitar Slim, musicista
blues della metà degli anni ’50, che pubblicò dischi per la
Specialty (ascoltatevi l'assolo in Story Of My Life)
fino al giorno in cui qualcuno lo pugnalò a morte con un coltello
da ghiaccio. La prima volta che lo sentii, pensai: “Che cazzo
sta facendo? Ma è veramente incazzato quando suona". Il
suo stile infatti sembrava oltre le note, era più un modo d'essere
che una tecnica allo strumento. Quel che ne veniva fuori non era la
somma totale di certe altezze contro certi accordi contro certi
ritmi: al mio orecchio era ben altro.
Oltre
a questo modo
d'essere, Guitar Slim era anche il primo
esempio, per quanto possa ricordare, di chitarra elettrica DISTORTA
su disco. Non posso dire di suonare proprio come lui, però quel suo
modo maciulla-strangola chitarra ha avuto molta influenza sullo
sviluppo del mio stile. Le altre due influenze che riconosco sono
Johnny “Guitar" Watson e Clarence “Gatemouth"
Brown.
Io
non sono un chitarrista virtuoso, perché un virtuoso può suonare DI
TUTTO mentre io non ce la faccio. So suonare solo quello che
conosco, tanto da aver perfezionato una destrezza manuale che
mi permette di far capire bene che cosa suono, anche se con il tempo
la cosa si è deteriorata.
Con il gruppo del 1988 non avevo molta
chitarra da suonare nello spettacolo perché l’attenzione era
concentrata sugli arrangiamenti dei fiati e sulle voci. Non dovevo
suonare assoli di un quarto d'ora. A dire il vero, anzi, per quel
genere di cose non c’è neppure più molto mercato, visto che
l’interesse del pubblico si è ristretto a circa otto battute.
durante le quali ci si aspetta che tu riesca a suonare tutte le note
che conosci.
Negli
anni ’80 il concetto di assolo di chitarra rock si
è ridotto praticamente a questa formula: na-na-na-na-na,
fai una faccia, tieni la chitarra come se
fosse l’uccello, puntata verso il cielo
e appari come se VERAMENTE STESSI FACENDO QUALCOSA.
Poi, mentre i fumi si alzano, ci sarà
un’ovazione grandiosa e le luci elettriche
intorno a te gireranno vorticosamente. Io non riesco a fare questa roba, perché ancora oggi devo guardare
la tastiera della chitarra per capire dov’è la mia mano mentre
suono.
Uno dei motivi per cui la gente vuole fare il chitarrista e
che crede ci sia dietro molto di più di quel che in realtà c‘è.
Quando iniziai ero entusiasta per le possibilità d' improvvisazione
che permette lo strumento ma la cosa si è smorzata col tempo perché,
per darmi alle fughe d’improvvisazione che mi sembrano naturali,
devo essere accompagnato da una sezione ritmica specializzata. Un
solista che sceglie di lavorare con questo stile strano finisce per
diventare un ostaggio; potrà andare solo fino a un certo punto
delle zone sperimentali, cioè fino a dove la sua sezione ritmica
glielo permetterà.
Il problema sta nei poliritmi.
Le possibilità di trovare un batterista, un bassista e un
tastierista che riescano anche solo a concepire questi poliritmi
- per non parlare della capacità di identificarli abbastanza
velocemente da suonare AL MOMENTO una figura complementare - non
sono molte (il prima premio va a Vinnie Culaiuta, il batterista
del gruppo nel 1978 e 79). È difficile spiegare durante le
prove a una sezione ritmica che cosa fare, se stai suonando
diciassette nello spazio di quattordici (o lunedì
e martedì nello spazio di mercoledì).

È impossibile
spiegare in anticipo ogni cosa che dovrebbe accadere
nell’accompagnamento quando la merda colpisce il fan in pieno
assolo. Un batterista o suona un tempo lineare, nel cui caso il mio
assolo spazierà sul suo tempo, o SENTIRÀ i poliritmi e ci suonerà
DENTRO, mantenendo implicita quella che per la maggior parte dei
batteristi rock è la pulsazione basilare, abituati come sono a
vivere nella foresta pietrificata del bum-bum-BAP.
Neanche i batteristi jazz sanno farlo, perché tendono a suonare un
tempo flessibile.
I poliritmi sono interessanti solo se riferiti a un ritmo lineare e
da metronomo (reale o implicito), altrimenti stai solo sguazzando nel
rubato.
Analogamente
a quanto avviene nell'armonia diatonica, quando vengono aggiunte
delle armoniche superiori a un accordo, questo diviene più teso e fa
sentire maggiormente l'esigenza di una risoluzione: più IL RITMO
SFREGA CONTRO IL TEMPO DI BASE IMPLICITO, più si genera una TENSIONE
STATISTICA. La creazione e la distruzione di tensioni armoniche
statistiche sono essenziali al mantenimento di una drammaticità compositiva.
Qualsiasi composizione (o
improvvisazione) che suoni consonante e regolare sempre
e comunque mi pare l’equivalente di un film dove ci siano solo i
buoni o di una cena a base di ricotta.
Quando
salgo su un palco voglio essere certo di tre cose:
1.
che la mia apparecchiatura funzioni;
2.
che i membri del gruppo sappiano assolutamente tutto, per
non
preoccuparmi di loro;
3.
che la sezione ritmica possa sentire quello che suono e che
abbia
un CONCETTO di quello che suono, per potermi aiutare a creare
l’improvvisazione.
Se
ci sono queste condizioni, se l’acustica è ragionevolmente buona e
se sono soddisfatto del suono del mio ampli (su questo fatto
specifico potrei scrivere un altro libretto), allora tutto
ciò che desidero fare è inserire il pilota automatico, sbattere le
dita e ascoltare cosa ne esce.
Nel tour del 1984 in
genere suonavo otto assoli a sera (cinque sere la settimana, per sei
mesi). Di tutti, almeno una ventina avrebbero potuto finire su
disco. Il resto era robaccia, non perché non ci provavo ma perché
molto semplicemente non veniva. Se lavori in questo modo, le
possibilità di farlo bene ogni volta non sono molte; ma almeno ci
provi. E sei a posto con la tua coscienza. e sai di non avere debiti
con nessuno.
La
mia splendida voce
La
mia esperienza di autore per cantanti mi ha insegnato che scrivere
brani vocali limita certe possibilità strumentali; e le limitazioni
sono ancora maggiori se la voce per cui scrivo è la mia, dato che
non ha un'estensione molto ampia. So parlare una
canzone facilmente e fare casino
ma, quando devo CANTARE, spazio solo per un'ottava, con una
precisione sulle altezze che non supera il settantacinque, ottanta
per cento.
Siamo onesti, amici e vicini: con caratteristiche simili
non riuscirei a superare neanche un’audizione per entrare nel mio
gruppo. Non so suonare la chitarra e cantare contemporaneamente,
perché il mio cervello va in tilt; e non riesco neppure a suonare la
chitarra ritmica mentre canto, visto che già restare intonato MENTRE
CANTO per me è abbastanza difficile. Per un po' di anni nella mia
carriera non mi è riuscito di trovare qualcuno che facesse il
cantante e sono stato costretto a FARLO io, il problema ci ha spinto
alla disperata ricerca di cantanti professionalmente
validi. Ed eccoli: Ike Willis e Ray White.
Altri cantanti furono sottoposti all’audizione, solo che quando si
trovarono di fronte certi testi stupidelli dei nostri decisero di
pensarci due volte prima di mettere in gioco la propria carriera. Non
volevano che niente DEL GENERE uscisse dalle loro bocche.
I
miei testi sono stupidi: e allora?
L’idrogeno
Alcuni
scienziati asseriscono che l’idrogeno, data la sua presenza in
grandi quantità, è il blocco costituente di base
dell’Universo. Contesto: io dico che c’è più stupidità
che idrogeno e che QUELLA è il blocco
costituente di base dell’universo. Non è una questione di
pessimismo contro ottimismo ma il frutto di
accurata verifica. Non solo anzi c’è più stupidità
di qualsiasi altra cosa in termini di quantità
universale, ce n’è di straordinaria qualità.
Questa
è cosi INTENSAMENTE PERFETTA da sopraffare qualsiasi altro elemento
accumulato in natura. La Stupidità si riproduce a un ritmo
stupefacente, è facile da coltivare ed è autofinanziata.
Se qualcuno si alza e dice “ma questa è una stupidata!",
viene invitato a comportarsi bene, o
peggio, è accolto con un gioioso “Sì, lo sappiamo! Non è
bellissimo?".
Quando
Hitler faceva le sue stronzate, anche in quel caso moltissima gente
pensava che LUI fosse in gambissima. Come potevano sbagliarsi?
Erano
talmente in tanti: anzi, credevano che assieme stavano
davvero bene e così ecco spiegato perché alzavano il braccio tutti
insieme. Negli anni ’80 gli americani mi danno la netta
impressione di voler abbracciare il fascismo, soprattutto quando gli
viene presentato sul vassoio della televisione con i palloni e le
bandierine intorno.
Sarebbe più facile estinguere il debito
nazionale in un solo giorno che neutralizzare gli effetti a lungo
raggio della NOSTRA STUPIDITÀ NAZIONALE.
Dimenticatevi
della stupidità iraniana, cinese, russa, sudamericana o canadese; la
nostra incompetenza genuinamente americana vince il Primo Premio. E
non stiamo parlando di sbadataggine stupidotta.
Quando
facciamo gli stupidi siamo proprio GRANDI STUPIDI, come quelli che vi
sparano in autostrada o i Rambi e le Rambe che
schiantano la gente con armi automatiche. Eccolo, gente: vedete come
fa a crescere? Un giorno lo STUPIDONE va a un incontro PTA, passa per
l‘associazione PTL, si fa strada sino alla Casa Bianca e poi ce lo
vediamo dall’Ufficio Ovale come una brella di vacca infilata nel
sistema giudiziario. Infine svicola tutto e arriva ai GRANDI AFFARI,
e senza neanche che ve ne siate accorti, eccolo, L'ENORME STUPIDONE.
Non riesco a pensare a una nazione in via di sviluppo che abbia del
sincero affetto per l’America. La gente di quei Paesi vede
l'America come minaccia alla LORO sicurezza nazionale, come un Impero
del Male.
Tutto
quello che Reagan ha detto nel primo periodo della sua presidenza
circa la Russia è una credibile descrizione del nostro Paese visto
da una nazione in via di sviluppo. Siccome siamo noi ad avere
L'ENORME STUPIDO, gli altri sanno che c‘è sempre la possibilità
che lo si possa USARE CONTRO DI LORO. anche accidentalmente.
Gente,
con questa terribile arma nel corso degli anni abbiamo sviluppato una
nostra abilità a far centro al prima colpo,
applicandola diverse volte: l‘amministrazione Reagan la chiamava
“politica estera”. Ma qualcuno, nel Cuore
dell'America, potrebbe saltar su a dire: “Che cazzo ci frega?
Non beccheranno di certo noi, non possono venire fin qui. E poi
certi di loro non hanno neppure gli aeri-plani".
Quel
genere di persona si è fatta una scorta di ENORME STUPIDITÀ e ha
raccolto un dividendo filosofico che gli dice chiaro e tondo che,
come Nazione Cristiana Speciale. abbiamo il diritto di saltar sopra a
tutti gli altri (Destino Manifesto). Dio è dalla NOSTRA PARTE e noi
dobbiamo fare così, perché siamo le uniche creature
sufficientemente sofisticate da portare pace e salute al resto del
mondo. Ueeeeellllllllaaaaaaaa.