LeRoj
Jones conobbe
Sun
Ra per strada o forse in un caffè “all’inizio
degli anni Sessanta, quando Sun Ra cominciava a socializzare con la
vita del Village”.
Jones che abitava al Village
da sette anni, era diventato una figura chiave della scena letteraria
e politica di downtown e aveva appena vinto un Obie
Award con la sua opera teatrale Dutchman.
Tra i primi paladini ed esegeti del new
jazz,
come molti altri provava uno scetticismo istintivo nei confronti di
Sun
Ra:
lo vedeva come un “furbacchione
modernista”,
ma presto imparò ad ammirarne sia la profonda conoscenza della
storia e dei traguardi raggiunti dalle civiltà nere, sia la musica.
“Ra era così all’avanguardia perché possedeva l’autentica consapevolezza dell’artista rivoluzioniario intellettuale afroamericano”
La
poesia di Jones
viene sempre discussa in termini del suo rapporto con i beat e i
poeti newyorkesi degli anni Cinquanta, poi rinnegati in favore di
Césaire
e
Langston
Hughes,
ma fra le sue tacite influenze c’era anche Sun
Ra.
Lo si nota nelle allusioni storiche di Jones,
nel
tono e nella musicalità dell’enunciazione, nel senso
dell’importanza del linguaggio e nella consapevolezza delle
possibilità offerte della parola parlata contrapposta a quella
scritta, dello scardinamento dei segreti fonetici sepolti all’interno
della parola stampata. La lezione di Sun
Ra
è visibile già nella poesia “Black
Dada Nihilusm”,
che evoca il neoplatonismo (e ne fa oggetto di giochi di parole) per
gettare le basi delle arti nere, e nella vena romantica che vede
uomini e donne di colore come una razza dalle possibilità
sconfinate.
In
“Meanings
of Nationalism”
un saggio saggio della raccolta Raise
Race Rays Raze
(l’influenza
di Sun
Ra
non potrebbe essere più evidente), Jones
parla
dei libri che l’amico gli ha dato in prestito:
Studia la storia dell’antico Egitto. La transizione da Nero a Bianco. Capovolta è la storia d’America. L’America che ha sempre preso a modello (segreto) l’antico Egitto. Poichè fortissima ha subito l’influenza dei figli e delle figlie dell’antico Egitto. (Vedi Astrology Space Age Science riguardo a Banconota Americana e il suo simbolismo. Vedi God Wills the Negro […] & altri). L’antica razza dei giganti Neri ritorna in vita.
Dopo
l’assassinio di Malcom
X, il
21 febbraio 1965, Jones
cambiò nome in Imamu
Amiri Baraka e
si trasferì ad Harlem
per fondare il Black
Arts Repertory Theater/School,
con fondi di doppia provenienza: in parte da un concerto benefico che
aveva organizzato il 28 marzo al Village
Gate, con John
Coltrane,
Albert Ayler, Grachan Moncur III, Archie Sheep, Charles Tolliver,
Cecil McBee e Sun Ra; in parte dal programma artistico-culturale della Operation
Bootstrap,
un’iniziativa collaterale dell HARYOU
ACT, il primo
provvedimento adottato da Lyndon
Johnson
nell’ambito della sua “Guerra
alla Povertà”
nel tentativo di fermare la violenza e le sommosse dopo la “lunga
estate calda”
del 1964.
L’arrivo
delle Black
Arts ad
Harlem
fu annunciato da una parata sulla Centoventicinquesima Strada con l’
Arkestra
in tenuta di scena, i fratelli Ayler,
Milford Graves
e i seguaci dello Yoruba
Temple
capeggiata da Baba
Oserjeman, un
altro hipster di downtown materializzatosi a uptown
in una nuova veste. Pur rimanendo a downtown,
Sun
Ra si
presentava quasi ogni giorno nell’ufficio della Black
Arts per
pontificare a beneficio di chiunque volesse ascoltarlo. Come il South
Side di Chicago,
Harlem
pullulava di orientamenti filosofici, religiosi e politici
contrastanti: i garveyani,
la Nation
of Islam, i
comunisti e naturalmente i cristiani, ma anche lo Yoruba
Temple e i
copti egiziani. Tutti questi gruppi si ritrovavano a dibattere di
fronte all’ Hotel
Theresa o
alla libreria africana di Minchaux.
E ancora una volta tra i protagonisti del movimento c’era Sun
Ra.
Per
i successivi tre mesi, la
Black Arts
inviò nel quartiere un gruppo di camion per presentare musica ,
danza, teatro, pittura e poesia all’interno di aree edificabili,
cortili, parchi e in qualunque altro spazio disponibile. Finanziata
dalla Black
Arts, l’
Arkestra
riuscì così ad aggiungere nuovi elementi per esibirsi nei giorni
feriali, spesso con Sun
Ra al nuovo
organo solare (che produceva colori insieme ai suoni: blu carico e
tonalità scure per le note basse, arancione e giallo per quelle
alte). Più di chiunque altro, Baraka
considerava intrinsecamente politica la natura spirituale e
visionaria della musica di Ra:
Ciò di cui Trane parlava, e parla, ciò che intende Ra, la meta di Pharoah, è chiaramente un altro mondo. Nel quale noi siamo letteralmente (e ulteriormente) “liberi”
“Benchè
stessimo entrando in una
fase profondamente nazionalistica”, ricordava Baraka, “Sun Ra la
inquadrava in rapporto alla sua idea di angeli e demoni in azione. In
altre parole, se essere bravi significava essere in sintonia con il
pianeta, questo non andava bene, perciò insisteva a fare il demonio.
Sun Ra aveva programmi più ambiziosi”.
[…]
Nel
maggio 1966, l’Arkestra
eseguì dal vivo le musiche per la prima di A
Black Mass
di Baraka
al Proctor’s
Theater di
Newark. L’opera è liberamente ispirata alla storia scitta da
Elijah
Muhammad che
racconta le vicende di Yacub,
lo scienziato nero pazzo che in un atto di
hybris
crea la razza bianca. Nella rielaborazione di Baraka,
tuttavia, assume
particolare risalto lo smarrimento dell’impulso estetico, il che
conduce non solo alla creazione del male e alla distruzione del luogo
sacro dei maghi neri, ma anche alla violazione dello spirito
dell’estetica nera. Esiliate nel gelido Nord, alla fine dell’opera,
le bestie bianche si lanciano in mezzo al pubblico “baciando
e leccando gli spettatori”
e gridando “Io,
bianco!”,
mentre una voce fuori campo invoca la Jihad.
Seduta
sul palco per l’intera durata della rappresentazione , l’Arkestra
improvvisò la musica seguendo indicazioni scritte sul copione (“La
musica può riempire la sala, crescendo, scendendo in picchiata
all’improvviso, stridendo”, o “Musica alla Sun Ra di dimensioni
strepitose”).
Gli strumentisti ingaggiavano un botta e risposta con
gli attori, con fraseggi e inflessioni che imitavano le voci umane. A
un certo punto attori e musicisti canticchiavano all’unisono “The
Satellites Are Spinning” .
A
Black Mass
mescolava
la fantascienza alla mitologia musulmana, e per dirla con Larry
Neal
(sulla scia di Sun
Ra)
dimostrava al pubblico che “tutta
la storia è una
semplice versione mitologica personale” .
[…]
Sun
Ra
si era già fatto notare dopo l’arrivo a New
York,
ma in questa fase la sua musica stava conoscendo un mutamento davvero
radicale. Le performance erano più lunghe, i ritmi più scatenati e
complessi, e i solisti venivano incoraggiati a superarsi in ogni
modo. Reduce da nove mesi di scuola di cinema in Svezia, Tommy
Hunter
rimase sbalordito da quanto l’Arkestra
fosse cambiata:
“Era
come una tempesta di fuoco sul palco”
To
Mr. Ra: Rest in Space
( Main, "Dry Stone Feed")
***
da:
Space Is The Place – La Vita e La Musica di Sun Ra, di John F.
Szwed (traduzione di Michele Piumini). Edizioni minimumfax 2013.
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