uno dei due è l'altro

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lunedì 23 novembre 2015

A.Lincoln, Androide - P.K.Dick, 1972 - Frammenti*




 Lo Edwin M. Stanton

Seduto al volante, Maury stava finendo il suo sigaro Corina Sport. Si rilassò sullo schienale e disse:
“Che cosa hanno in mente gli americani, oggi?”
“Sesso,” risposi.
“No.”
“Dominare i pianeti interni del sistema solare prima che lo facciano i russi.”
“No.”
“Dimmelo tu, allora.”
“La Guerra Civile del 1861.”
“Per l’amor di Dio!” esclamai.
“E’ la verità, fratello. Questa nazione è ossessionata dalla guerra fra gli stati. E ti dirò perché. E’ stata la prima e unica epopea nazionale cui abbiano partecipato gli americani, ecco il perché.” Mi soffiò in faccia  il fumo del suo Corina Sport. “Ci ha fatto maturare, noi americani."  […]

Accesi le luci interne della macchina e, girandomi, vidi sul sedile posteriore una lunga scatola di cartone avvolta in fogli di giornale. Aveva la forma di uno di quei fantocci per vetrine, un manichino. Dalla mancanza di rigonfiamenti all’altezza del petto conclusi che non doveva trattarsi di un manichino femminile. “E allora?” domandai.
“E’ il frutto del mio lavoro.”  […]



Gloria Swanson

“Ti dirò esattamente quello che ho. Là dietro, avvolto in quei giornali, 
ho Edwin M. Stanton.”
“E chi è?”
“Era il Segretario per la Guerra di Lincoln.”
“Eh?”
“E’ la verità.”
“Quand’è morto?”
“Molto tempo fa.”
“Proprio come immaginavo.”
“Ascolta,“ insistette Maury. “Là sul sedile posteriore, ho un simulacro elettronico. L’ho costruito io, o meglio, l’ho fatto costruire da Bundy. Mi è costato seimila dollari, ma ne valeva la pena. Fermiamoci laggiù a quella stazione di servizio con bar e lo tirerò fuori e ti darò una dimostrazione; è l’unica maniera."
Mi venne la pelle d’oca. “Sono convinto che lo farai.”  […]

Maury parcheggiò la Jaguar, si voltò e fece il giro per infilarsi nella parte posteriore. Cominciò a strappar via i giornali da quel fagotto in forma umana. Un attimo dopo, perdio se non ne emerse un anziano signore, gli occhi chiusi e la barba bianca, le mani intrecciate sul petto, che indossava un abito dalla foggia arcaica!
“Vedrai quanto è convincente questo androide,” dichiarò Maury, “quando ordina la sua pizza!”
Cominciò a trafficare coi pulsanti sulla schiena.
All’improvviso, il volto della cosa assunse un’aria seccata e taciturna e bofonchiò: “Amico mio, le dispiace togliermi le mani di dosso?” […]

Tutti e tre al ristorante, mangiammo una pizza troppo cotta ai bordi. Edwin M. Stanton fece una rumorosa scenata e minacciò col pugno il proprietario e dopo aver finalmente pagato il conto, ce ne andammo. […]




Il Lincoln


Il simulacro del Lincoln aveva cominciato ad agitarsi, sbattendo in aria  le sue grandi mani nel tentativo di mettersi seduto. Ammiccò, sogghignò; i suoi lineamenti marcati si contrassero. Maury ed io balzammo in avanti e lo aiutammo a sostenersi; accidenti se pesava come il piombo. Ma alla fine riuscimmo  a sistemarlo in posizione seduta, e lo appoggiammo contro la parete per impedire che scivolasse di nuovo.
Si lamentò.
C'era qualcosa in quel suono che mi fece rabbrividire. Voltandomi verso Bob Bundy, dissi:
"Che cosa ne pensi? Sta bene? Non Sta soffrendo, vero?"
"Non lo so." Bundy si passò nervosamente le dita fra i capelli, più volte; vidi che le mani gli stavano tremando.
"Posso verificarlo. I circuiti del dolore."
"I circuiti del dolore!"
"Già, deve averli, altrimenti andrà a sbattere  contro una parete o qualunque altro dannato oggetto,  e si massacrerà."
Bundy puntò di scatto un dito verso lo Stanton, che stava guardando in silenzio.
"Anche lui li ha. Che altro vuoi, per l'amor di Dio?"




Non c’era dubbio che stessimo assistendo alla nascita di una creatura vivente.  
Ora aveva cominciato ad accorgersi di noi; i suoi occhi, neri come il carbone, si muovevano su e giù, e da un lato all’altro, includendoci tutti, una visione completa di tutti noi. Quegli occhi non mostravano alcuna emozione, soltanto la pura percezione. Una circospezione che andava oltre la capacità immaginativa dell’uomo. L’astuzia di una forma di vita venuta da oltre i confini del nostro universo, da una terra completamente diversa. Una creatura precipitata con un tonfo nel nostro tempo e nel nostro spazio, cosciente di noi e di sé, della sua esistenza tra noi; quegli occhi neri e opachi rotearono, mettendo a fuoco senza tuttavia riuscirci, vedendo tutto e in un certo senso incapaci di distinguere una sola, singola cosa. Come se essenzialmente fosse ancora in sospensione; aspettando con una tale, infinita riservatezza, che potevo intravedervi la terribile paura che provava, una paura così grande che non poteva neppure essere definita emozione. Era la paura in termini di esistenza assoluta: la base stessa della sua vita. L’avevamo separato, strappato da qualche fusione che non potevamo sperimentare… non ancora, almeno. Forse, un giorno, tutti noi avevamo tranquillamente  riposato in quella fusione. Per noi, la frattura apparteneva a un lontano passato; per il Lincoln era appena accaduta… aveva luogo in quel preciso istante.

I suoi occhi si muovevano, ma non si erano illuminati; ancora posati in nessun posto e su niente, rifiutavano di percepire un determinato oggetto. “Perbacco,” mormorò Maury. "Ci fissa in modo davvero strano.”
C’era qualche profonda facoltà radicata in quella cosa. Era stata forse Pris a impartirgliela? Ne dubitavo. Maury? Fuori questione: nessuno dei due l’aveva fatto, né poteva essere stato Bob Bundy, il cui unico concetto di divertimento consisteva nel guidare come un pazzo fino a Reno per giocare e andare a puttane. Avevano riversato la vita nell’orecchio di questa cosa, ma era soltanto un trasferimento, non un’invenzione; avevano comunicato la vita, ma essa non aveva avuto origine in nessuno di loro, o in tutti loro insieme. Era un contagio; essi ne erano rimasti vittime una volta, e ora questa materia inerte l’aveva contratto a sua volta… per un po’. E che trasformazione. La vita è una forma assunta dalla materia… mi afferrai a questo concetto mentre la cosa-Lincoln acquistava coscienza di noi e di sé stesso. E’ questa una cosa che fa la materia. La più sbalorditiva… l’unica veramente sbalorditiva forma dell’universo; quella che, se non fosse esistita, non avrebbe potuto essere né predetta né immaginata.
E, mentre guardavo il Lincoln che gradualmente riusciva a stabilire un rapporto con ciò che vedeva, capii qualcosa: la base della vita non è la brama di esistere, e neppure un qualunque desiderio. E’ la paura, la paura che vedevo qui. No, neanche la paura; qualcosa di molto peggio. Terrore assoluto. Un terrore talmente paralizzante da farlo sprofondare nell’apatia. Tuttavia il Lincoln si muoveva, stava uscendo da tutto questo. Perché? Perché doveva farlo. Il movimento, l’azione erano impliciti alla dimensione del terrore. Una simile condizione, per la sua stessa natura, non era sopportabile.
L’intera attività della vita era uno sforzo teso a mitigare questa condizione. Il tentativo di alleviare quello stato che ora compariva davanti ai nostri occhi.
La nascita, decisi, non è piacevole. E’ peggio della morte; è possibile filosofare sulla morte… e probabilmente voi lo farete: tutti l’hanno fatto. Ma la nascita! Non c’è alcuna possibilità di filosofare, di addolcire la condizione. E la prognosi è terribile: tutte le vostre azioni, tutti i vostri atti e pensieri non avrebbero fatto altro che coinvolgervi costringendovi a vivere ancora più intensamente.
Il Lincoln si lamentò di nuovo. E quindi, con un rauco grugnito, borbottò alcune parole.
“Cosa?” disse Maury. “Che cosa ha detto?”
Bundy ridacchiò. “Diavolo, è la voce del nastro. Ma sta scorrendo alla rovescia!”

Le prime parole dette dalla cosa-Lincoln: pronunciate alla rovescia, a causa di un errore nei cavi.   




 *Tratti da A.LINCOLN, ANDROIDE – 1974. Andrea De Carlo Editore.
   Traduzione di Gianpaolo Cossato e Sandro Sandrelli.
   Titolo originale WE CAN BUILD YOU (A.LINCOLN SIMULACRE), 1972

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